A pochi passi dal più celebre teatro di Napoli, il San Carlo, c’era il suo contrapposto in miniatura: il teatro San Carlino. Edificato nel 1740, infatti, era un teatro popolare che ironizzava con aspra satira le celebre opere a cui assistevano i nobili napoletani al quasi omonimo San Carlo.
Per la sua struttura, una baracca posta sotto il livello della strada, il San Carlino veniva comunemente denominato in dialetto napoletano “a cantina”. Nonostante la sua fisionomia originaria fatiscente, però, acclamava a sé tantissime persone dei ceti più bassi, ma non solo: è una leggenda comunemente diffusa negli anni quella che afferma che il Re Ferdinando di Borbone preferisse alle serie rappresentazioni del San Carlo, le risate scaturite dalle messe in scena parodiche del San Carlino, travestendosi con abbiti da mendicante e mimetizzandosi tra il suo popolo.
Passato nel corso degli anni nelle mani di vari direttori, proprietari e impresari, il San Carlino, che giaceva nell’attuale Piazza Municipio, fu demolito, per poi essere ricostruito nel 1770 per volere di Tommaso Tomeo. Dalla sua rinascita in poi fu un susseguirsi di nomi illustri che ne presero le redini, come: Antonio Petito ed Eduardo Scarpetta.
Il San Carlino: l’opera di Di Giacomo che celebra la sua storia
I fasti, come anche i nefasti, del San Carlino sono stati raccontati da tantissimi scrittori e intellettuali napoletani e non, tuttavia una delle opere che maggiormente ha segnato ed emblematicamente raccontato la storia artistica del piccolo teatro è stata quella di Salvatore Di Giacomo dal titolo Storia del teatro San Carlino. Le rappresentazioni messe in scena al teatro San Carlino, come ci comunica lo scritto digiacomiano, sono state senza alcun dubbio un’esperienza significativa per la storia del teatro dialettale popolare napoletano tra Sette e Ottocento.
A Di Giacomo va il merito di aver sistematizzato e resa eterna la storia di questo palcoscenico. Il saggista e poeta italiano, infatti, ha stilato una rassegna di autori e testi che hanno allietato gli spettatori del teatro sito nell’allora Largo Castello, curando meticolosamente il lavoro per l’allestimento dei fascicoli, divenuti poi capitoli della sua opera.
Nella fitta successione di commedie e commediografi del San Carlino, Di Giacomo individua nel suo testo tre stagioni teatrali significative, che hanno segnato il teatro dialettale alle pendici del Vesuvio: la commedia dialettale napoletana di Francesco Cerlone, modellata su quella di Goldoni, ma con eccessiva retorica e finzione; la riforma della commedia dialettale per opera di Filippo Cammarano, che presentava maggiore naturalezza scenica; la commissione della commedia napoletana e delle pochade francesi di Eduardo Scarpetta.