Ci sono alcuni detti o espressioni napoletane che vengono usate di frequente e che andrebbero studiate per bene, dalle loro origini. Uno di questi è quella di “nun mettere ‘o ppepe nculo ‘a zoccola“, un invito letterale a non introdurre del pepe nel sedere di un ratto. Come potrebbe mai comprendere un milanese, ad esempio, che il detto si usa per dire di “non istigare“, di non metter l’uno contro l’altro?
Ma da dove deriva questa espressione? L’etimologia del detto non è metaforica, ma è reale. Si riferisce ad una pratica in uso nel 1600 per tentare di combattere la peste, della quale i topi erano portatori. A Napoli ci furono 400.000 morti su 600.000 abitanti, in pratica morirono due napoletani su tre, deposti poi al cimitero delle Fontanelle.
Ma catturare i topi, come è noto, non era facile dato che erano nascosti nelle profonde fogne cittadine. Così si escogitò lo stratagemma di catturare dei grossi ratti ed incattivirli, introducendo del pepe nel sedere che poi veniva cucito. Questi, poi, liberati nelle fogne raggiungevano gli altri topi ed incattiviti li ammazzavano. Tale pratica sembra derivasse da quella già in uso sui bastimenti mercantili del 1600, dove i marinai la utilizzavano per uccidere i topi che si introducevano nelle stive insieme alle merci.
Il sistema non funzionò a Napoli, infatti, fu poi il prodigioso intervento di San Gennaro e di San Gaetano a sconfiggere la peste. Il 15 agosto 1656 ci fu un diluvio che affogò i topi nelle fogne e a ricordo di questo evento fu eretta una statua di San Gaetano con una lapide commemorativa: “ad pestae liberatum“.
Da allora il detto è rimasto nella memoria dei napoletani, infatti viene ancor’oggi usato quando bisogna descrivere il comportamento scorretto di qualcuno che invece di metter pace gode nell’alimentare il fuoco della discussione. Così come tante altre espressioni napoletane che passano messaggi ancora calzanti ed attualissimi.