Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope; cecini pascua, rura, duces.
Mantova mi generò, la Calabria mi rapì, e ora mi tiene Napoli; cantai i pascoli, i campi, i condottieri.
L’epitaffio di Virgilio è celebre, dettato secondo la leggenda proprio dal grande poeta latino in punto di morte. L’antica iscrizione che riprende questi versi è posta in prossimità di quella che nel corso dei secoli è stata sempre indicata come la tomba di Virgilio, un colombario di epoca romana situato a Mergellina, in prossimità dell’ingresso dell’antichissima grotta di Pozzuoli o crypta neapolitana.
Che Virgilio fosse stato sepolto a Napoli è cosa nota a chiunque abbia passato qualche anno sui banchi di scuola, che cosa abbia significato Virgilio per Napoli è però qualcosa la cui memoria va affievolendosi anno dopo anno, secolo dopo secolo. Non tutti sanno, specialmente al di fuori dei confini partenopei, che nel corso dei secoli si sparse per la città la leggenda delle doti magiche di Virgilio, al punto da far sì che Virgilio mago e taumaturgo fosse quasi venerato ed osannato a nume tutelare, capace con la propria magia di proteggere la città, al punto tale che la popolazione ancora al tempo degli angioini era convinta che la crypta neapolitana, sublime opera d’ingegneria civile di quel genio che fu Cocceio, fosse stata realizzata da Virgilio in una sola giornata attraverso opere magiche. Pare, in base a quanto si narra, che in occasione di una sua visita, Roberto d’Angiò interrogò in tono scherzoso il Petrarca sulla questione e che costui diede una risposta poi tramandata fino ad oggi …”Non mi è mai capitato di leggere che Virgilio fosse un tagliapietre”. Altri miti legano indissolubilmente la figura di Virgilio al castrum lucullanum, al punto che il nome giunto fino a noi della fortezza costruita sui ruderi della villa di Lucullo sull’isolotto di Megaride, fosse legato ad una leggenda che aveva come protagonista Virgilio, che nelle segrete del castello aveva nascosto un uovo magico, dalla cui integrità sarebbero dipese le sorti del castello e della città intera: da allora alla fortezza fu dato il nome di Castel dell’Ovo. Del resto pare che una volta conquistata Napoli dai normanni, le spoglie di Virgilio fossero state murate all’interno del castello per evitare che cadessero in mani nemiche e profane. Di sicuro ad un certo punto, durante il medioevo, il culto pagano di Virgilio pian piano mutò in quello della Vergine, sul monte che da Virgilio prendeva nome, su cui secondo la leggenda aveva installato il proprio giardino ricco di erbe mediche di ogni tipo, fu edificato un santuario ed il monte mutò nome in monte Vergine.
Ai riti pagani che avvenivano nella crypta neapolitana proprio all’ingresso della tomba di Virgilio si sostituì pian piano il culto della Vergine, al mitreo un affresco della madonna odigitria ed alla festa pagana fatta di riti orgiastici e propiziatori per la fertilità alle quali partecipavano giovani vergini, quella cristiana dedicata alla Vergine di Piedigrotta. Ancora oggi, dopo venti secoli, il colombario che tradizionalmente è riconosciuto come tomba di Virgilio viene violato e profanato da coppie.
Probabilmente all’origine del mito fu proprio la crypta neapolitana, costruita per permettere alle truppe di raggiungere Puteoli da Neapolis senza passare per la più lunga via ante – Agnanum (odierna Antignano al Vomero), che fu realizzata da Lucio Cocceio anche per essere utilizzata per riti sacri: infatti la grotta è un rettilineo lungo 700 metri scavato nel tufo, perfettamente allineato da ovest ad est in modo tale che agli equinozi la galleria tradizionalmente oscura e buia potesse all’alba ed al tramonto risplendere dei riflessi della luce.
Descritta da Seneca come angusta e buia, la grotta subì diverse modifiche ed allargamenti sia sotto gli aragonesi (che lasciarono diverse epigrafi ad indicare l’opera di profondo restauro) che da parte prima degli spagnoli e poi dei Borbone, fino ad arrivare alle ultime opere di consolidamento volute da Giuseppe Bonaparte a inizio XIX secolo, che dotò la galleria, storicamente buia, di un impianto di illuminazione con lampade a gas. Attualmente la galleria è chiusa anche se sono diversi i progetti volti alla riqualificazione ed al riutilizzo come percorso archeologico – ciclabile (qui la grotta vecchia come appare vista da Fuorigrotta).
La fama della tomba di Virgilio e della grotta vecchia era tale ancora nel XVIII da far sì che il luogo fosse tappa quasi obbligata per quanti si cimentavano nel grand tour. Johann Wolfgang Von Goethe stesso, nel suo viaggio in Italia, dedicò alcune righe a questa meraviglia di Napoli:
“Oggi mi son dato alla pazza gioia, dedicando tutto il mio tempo a queste incomparabili bellezze. Si ha un bel dire, raccontare, dipingere; ma esse sono al disopra di ogni descrizione. La spiaggia, il golfo, le insenature del mare, il Vesuvio, la città, i sobborghi, i castelli, le ville! Questa sera ci siamo recati alla Grotta di Posillipo, nel momento in cui il sole, passa con i suoi raggi alla parte opposta. Ho perdonato a tutti quelli che perdono la testa per questa città.”
Tantissimi visitatori sentirono il bisogno di lasciare una traccia del proprio passaggio, incidendo il proprio nome, l’anno di visita e talvolta anche il luogo di provenienza sulle epigrafi disseminate sul percorso che conduceva da Piedigrotta all’ingresso della crypta ed alla tomba di Virgilio. In particolare sotto l’epigrafe posta nel 1668 dal vicerè Pedro d’Aragona a inizio della salita che porta alla presunta tomba di Virgilio si trovano decine e decine di firme ed incisioni: un Giuseppe Boba di Biella passato nel 1790, un tal Casper nel 1728, un cadeto Toncino, un G. Mahiev nel 1725, fra quelli i cui nomi son rimasti meglio scolpiti nella lapide di marmo.
Chiunque voglia ammirare la tomba di Virgilio e l’ingresso della crypta neapolitana può farlo visitando il parco vergiliano, il cui ingresso è a pochi metri dalla stazione di Mergellina, sulla sinistra dirigendosi verso la galleria. All’interno vi è anche il monumento funebre alla memoria di Giacomo Leopardi, un percorso botanico – letterario alla riscoperta dei versi delle bucoliche di Virgilio e delle opere di Leopardi e soprattutto tante antiche epigrafi e numerosi reperti archeologici. E’ possibile anche attraversare un piccolo pezzo di acquedotto romano per giungere davanti ad un affresco medievale raffigurante un santo e trovarsi di fronte alla madonna con bambino che probabilmente diede origine al culto della Vergine a Piedigrotta.