Il carnevale nella corte napoletana di Carlo di Borbone era forse la festa più attesa da tutta la popolazione. Nel 1737 infatti l’intera società partenopea decise di organizzare un carnevale che potesse rimanere nella memoria storica per il suo sfarzo,la sua eccentricità ed il suo rigoroso divertimento. Carlo di Borbone in quel tempo non era ancora sposato e dunque ai festeggiamenti soliti furono aggiunti anche quelli dell’addio al celibato, per questo motivo il carnevale napoletano del 1737 fu prolungato per giorni e giorni fino al 22 febbraio. Si racconta che il re di Salerno all’occasione giunse a Toledo con la sua carrozza e undici cavalieri travestiti però da popolani che dal finestrino lanciavano confetti colorati per tutti i cittadini.
Il tema tipico del carnevale napoletano era il rovesciamento, ovvero, capitava spesso che le donne si travestivano da uomini e questi ultimi da donne oppure i nobili prendevano gli abiti dei popolani e viceversa. La festa spesso sfiorava però l’ambiguità. Difatti venivano attrezzati degli spettacoli di odalische, ma al contrario di quanto si pensa, le odalische erano degli uomini travestiti che usufruivano di imbottiture speciali per evidenziare i simboli della loro virilità. Napoli diventava dunque il paese della cuccagna, le strade erano zeppe di banchetti ricchi di tante prelibatezze come dolci,salami,selvaggina e prodotti della terra. Il tutto fu messo a punto dalla contessa di Santo Stefano conosciuta come la regina delle feste. Fu ella a dividere in gruppi le dame, i cavalieri, i musicanti, gli attori e ad allestire i vari spettacoli.
Il giovedì grasso tutta la popolazione partecipò al gran ballo dove i vestiti furono confezionati per l’occasione dai sarti più importanti della corte. Il re indossava un vestito sfarzoso indiano e successivamente il cambio d’abito proseguì con un costume allegorico di Nettuno il dio del mare. Carlo aveva appena ventitré anni era nel fiore della sua giovinezza e pressappoco si sarebbe sposato, dunque durante la festa si dedicò a diverse donne che invitò a ballare. Dato che i festeggiamenti si dilungarono fino a notte fonda ogni giorno, capitava spesso che personaggi ambigui in preda all’ubriachezza si concedessero azioni poco lecite anche all’interno degli alloggi reali. Il carnevale dei Borbone toccò l’apax dell’eccentricità e della stravaganza napoletana. Dopo il suo matrimonio però tutti i balli, gli spettacoli ed i festeggiamenti furono coordinati dalla regina che seppe bene tenere a freno il popolo.
Per i bambini il carnevale coincideva con l’arrivo della tipica “vecchia ‘e carneval”, un pupazzo a forma di vecchia con un giovane corpo caratterizzato da un seno prosperoso e una gobba sulla quale portava Pulcinella avvolta nel suo panno bianco e nascosta dalla sua mascherina nera. Il pupazzo sfilava per tutte le strade con un corteo formato da un coro di giovani che intonavano diversi canti popolari accompagnati dal suono di uno zufolo. Tutti coloro che vedevano la carnevalesca processione lanciavano dai balconi una piccola offerta. Solo la tradizione napoletana poteva riservarci una festa così sfarzosa, piena di divertimenti e soprattutto organizzata da un’intera società.