Il migliaccio napoletano ha origini medievali, dall’anno mille. La parola deriva dal latino miliaccium che indica un tradizionale pane di miglio. In effetti nel XVIII secolo questo termine suggeriva anche una particolare torta contadina tipica napoletana (e toscana) fatta con miglio e sangue di maiale. In particolare quest’ultimo elemento era l’alimento tipico delle mense contadine povere. Il sangue del porco rappresentava un cibo completo di un animale di cui “non si butta via niente”, nutriente e in grado di sostenere le fatiche di una campagna che non risparmiava le classi sociali più abiette.
La chiesa cattolica e la ricca borghesia erano contro queste tradizioni considerate “pagane e vampiresche” e per molti secoli, nonostante il sangue del roseo animale fosse impreziosito da cioccolata (il sanguinaccio) spezie, vaniglia e pistacchio, le stesse autorità ne avrebbero contrastato l’uso nella cucina tipica povera e contadina campana. Fu solo verso fine settecento che il pane di miglio dolce e salato impreziosito da sangue di maiale cambiò la sua forma originaria. Il sangue dell’animale quindi, sempre per influsso della borghesia e della chiesa cattolica,venne sostituito dallo zucchero, cannella farina e uova, trasformandosi nel dolce moderno che noi conosciamo.
Da sottolineare che, la scomparsa del plasma del porco, non fu certamente rapida, anzi una modifica del pane di miglio e maiale lo ritroviamo ancora, con qualche variante, nei luoghi più poveri del regno per un bel po’ di secoli; in questo caso, il sangue viene sostituito dalle parti grassose del maiale (i cigoli). Tutt’oggi un pane fatto di miglio e cigoli si ritrova in alcune aree rurali della Campania.