Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, era uno scienziato, un genio e sicuramente il personaggio più misterioso del settecento italiano. Esoterista, filosofo, astronomo, poeta, scrittore, guerriero, massone, inventore, scienziato, alchimista e accademico napoletano.
I membri della sua famiglia appartenevano al Grandato di Spagna, proprietari di innumerevoli feudi dell’area pugliese e per linea paterna, dicevano di discendere direttamente da Carlo Magno. Nato a Torremaggiore (Foggia) il 30 gennaio 1710, morì a Napoli il 22 marzo del 1771. Amante dell’araldica e di geografia, studiò retorica, filosofia, logica, matematica e geometria, scienza, fisica, greco, latino, ebraico e tedesco.
Ma perché questo ricco signore invece di dedicarsi come ogni nobile ai passatempi dell’epoca come la caccia e il gioco, si dedicò alla lettura di testi alchemici e ad esperimenti mai effettuati prima? Perché a Napoli c’è ancora chi si fa il segno della croce quando sente il suo nome? Sicuramente perché il suo dinamismo intellettivo lo portò ad alcuni atti riprovevoli per arrivare agli scopi che si era prefissato. Basti pensare alle cose che la cripta, della cappella gentilizia da lui creata, conserva tutt’ora, testimonianza del suo “genio” perverso.
Nel suo palazzo adibì una grande stanza a laboratorio dove vi passava gran parte del giorno e della notte. Questi comportamenti anomali più che aristocratici, fecero sorgere sospetti sul suo conto ma Raimondo era un uomo sicuro di sé ed i pettegolezzi lo spingevano verso atteggiamenti sempre più stravaganti. Esiste un libro scritto da lui stesso, conservato negli archivi del Vaticano che parla di strani oggetti conservati nel suo palazzo. La Lampada Perpetua, o Lume Eterno, composta da una miscela di fosfato di calcio e fosforo ad alta concentrazione in grado di bruciare molto più a lungo di qualsiasi lume, i progetti di una carrozza adatta per brevi tratti senza i cavalli e quelli della prima carrozza anfibia (per mare e terra), nuove tecniche per la stampa e nuovi tessuti (tra i quali un tipo di seta vegetale). Inventò e costruì lui stesso un cannone in lega di ferro diverso dagli altri che erano in bronzo e inventò anche un fucile a retrocarica, anticipando di parecchio la nascita delle armi da guerra.
Negli anni della Santa Inquisizione passare dal puro studio scientifico alla stregoneria era facilissimo, infatti, nel 1751 papa Benedetto XIV consigliò a Carlo III di emanare un editto anti-massonico. Il principe riuscì a salvarsi dalla rovina facendo i nomi dei fratelli massoni per rinunciare all’ordine, ma in realtà Raimondo non interruppe mai i rapporti con la loggia napoletana e continuò i suoi studi esoterici.
La Cappella Sansevero dei Sangro, che conserva le spoglie dei membri della famiglia, si trova in Piazza San Domenico Maggiore. Conosciuta in tutto il mondo per la magnifica opera d’arte del Sanmartino, il Cristo Velato, fu fatta costruire da Giovan Francesco nel 1590 come luogo in cui venerare una statua della Vergine della Pietà che lo aveva guarito da una grave malattia, infatti è conosciuta anche come Santa Maria della Pietà dei Sangro o più comunemente come “la Pietatella”. Ma fu Raimondo il vero autore della trasformazione dell’edificio, che avvenne tra il 1744 e il 1766, quando passò da semplice chiesetta a uno dei luoghi più misteriosi di Napoli. Gli artisti che vi lavorarono seguirono le precise indicazioni del principe e alcuni riferirono che egli fornì strani colori e un tipo di mastice che una volta asciutto era identico al marmo. Ogni particolare ha un suo significato e un preciso messaggio che è rimasto nel tempo, caratteristica di un luogo enigmatico e misterioso che rapisce appena vi si accede al suo interno.
I suoi studi ed esperimenti riguardavano anche il corpo umano e questa cosa gli valse la fama di stregone, infatti chi non si impressiona facilmente può scendere nella cripta ovale dove sono custoditi, in teche di vetro, i corpi di un uomo e di una donna letteralmente disseccati da qualche miscela particolare, lasciando intatte vene e arterie, (“Macchine Anatomiche”). Leggenda vuole che il Principe avesse ottenuto tale “metallizzazione” del circuito sanguigno iniettando un composto di sua invenzione e che i due malcapitati fossero ancora vivi quando tale esperimento venne eseguito. Particolarmente impressionante è la donna incinta, in cui sono ben visibili i resti del feto ai suoi piedi.
Si racconta che il principe rapisse i poveri che si aggiravano per i vicoli di Napoli per usarli come cavie o che utilizzasse i suoi servi che lavoravano a palazzo. Oppure si dice che comprasse fanciulli dotati di una bella voce e provenienti da famiglie indigenti per farli castrare ed avviarli alla carriera di cantanti o probabilmente per mettere in pratica alcuni concetti astratti della Massoneria che vedevano nell’essere androgino la perfezione assoluta.
Anche la sua morte è avvolta nel mistero come tutta la sua vita. Forse morì durante uno dei suoi esperimenti a base di sostanze tossiche, ma si racconta anche un’altra macabra leggenda. Si dice che il principe aveva scoperto un elisir di lunga vita e che un giorno si dichiarò certo di essere in procinto di morire e diede delle istruzioni ad un suo servo. Questo avrebbe dovuto tagliare a pezzi il cadavere e chiuderlo in un baule e nessuno doveva aprirlo prima di un certo momento per lasciare il tempo alla pozione di agire e di strapparlo alla morte. Ma i parenti costrinsero il servo a farsi da parte e quando aprirono il baule il corpo ancora in via di ristrutturazione si sollevò di scatto ed il principe fissando i presenti con occhi pieni di orrore emise un urlo agghiacciante. Poi il cadavere si dissolse sul fondo del baule. Solo una leggenda? Una cosa è certa: nel sarcofago che si trova sotto la lapide della cappella non c’è nulla. Nessuno sa dove sia finito il corpo. Aveva davvero scoperto un metodo per diventare immortale? Tutto rimane avvolto nel mistero: è difficile tracciare il profilo di una mente così complessa e così diabolicamente geniale nata per osare.