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Un antico mestiere: il mulattiere


Il mestiere del mulattiere, ricordato tutt’oggi tra i paesi del napoletano soprattutto in Melito di Napoli, rappresentava tra i tanti delle classi “non proprio ricche”, probabilmente quello più redditizio. Cosa fondamentale, ovvio, era la cura che si aveva del proprio animale: il mulo, strumento indispensabile per intraprendere la “professione” era costantemente curato e ben mantenuto, veniva pulito e adornato per renderlo piacevole agli occhi dei passanti ed era ben nutrito per evitare che sentisse troppo la fatica del suo compito.

I denti dell’animale per impedirgli infezioni che ne ostruissero l’approvvigionamento, erano tenuti quanto meglio si potesse riuscire. In generale il rapporto tra il mestierante e il suo “animale sostegno” era sempre molto forte, tanto che ognuno rappresentava la forza dell’ altro.

Molti mulattieri trascorrevano anche mesi nei boschi durante il periodo del taglio degli alberi per ricavarne la legna: carovane trainate da muli muovevano dal sentiero già alle tre del mattino, e trasportavano la materia per il camino, utile per affrontare l’ inverno, nel paese più vicino. Il mulo era dunque un’arma necessaria al sostentamento umano e il mulattiere era in genere un uomo stimato cui venivano assegnate cariche pregiate.

Alcuni tra loro avevano in gestione i forni a legna del paese che servivano per la cottura del pane quotidiano; ciò comportava l’ alto onere di dovere garantire l’approvvigionamento quotidiano, consistente in almeno 8 o 10 fasci di legna e fascine; i lavoratori venivano ripagati non in denaro, ma in natura, con forme di pane per la famiglia.