Grazie a un articolo uscito su L’Espresso il giorno 11 Gennaio 2014 l’opinione pubblica è venuta a conoscenza che sin dal 2007, in un’area che giace sul comune di Torre Annunziata e al confine con il comune di Pompei, sono stati riportati alla luce dei reperti archeologici che probabilmente appartengono a un villaggio suburbano destinato all’industria della vecchia Pompei, quella che fu sepolta dalla cenere e dai lapilli dell’eruzione del Vesuvio avvenuta 79 anni dopo la nascita di Cristo. L’area si trova a circa mezzo chilometro dall’attuale via dei Sepolcri, così chiamata in quanto costeggia la parte degli Scavi di Pompei dove sorge la necropoli, e gli archeologi raccontano che nel 2011 fu trovata una fornace definita “unica al mondo”, la quale si aggiungeva a un monumento funebre, ville, magazzini, fattorie. Il tutto è però stato coperto dal cemento perché lì doveva essere costruito un centro commerciale, che ad oggi risulta quasi ultimato.
Sono stati gli stessi archeologi a denunciare il fatto a L’Espresso, aggiungendo che si chiedono perché dal 2009 ad oggi i 5 sovrintendenti che si sono susseguiti non abbiano negato le autorizzazioni per la costruzione delle varianti del complesso, a maggior ragione considerato il fatto che l’ex prefetto di Napoli Alessandro Pansa aveva denunciato, in un’interdittiva antimafia, i rapporti della camorra con la società costruttrice del centro commerciale. Senza alcun dubbio me lo chiedo anche io, seppur la risposta sembri scontata a causa dell’ombra della camorra, ma mi chiedo anche perché gli stessi archeologi abbiano aspettato anni per denunciare lo stato delle cose all’opinione pubblica nazionale, o perché non abbiano organizzato delle manifestazioni o iniziative di altro genere in grado di attirare l’attenzione del pubblico. Alcune delle foto visibili sul sito della rivista (potete cliccare qui per vederle) sono risalenti all’estate del 2009, dunque a ben 4 anni fa: perché non adoperarsi per diffonderle prima? Perché aspettare che lo shopping centre fosse ormai vicino all’inaugurazione per dire che il suo cemento e il suo consumismo coprono l’Arte e la Storia?
Non è d’altra parte la prima volta che accade qualcosa del genere. Oltre al fatto che proprio di fronte al complesso in questione sorge una centrale elettrica dell’Enel, la quale a questo punto è facile che sia situata su resti archeologici, interesserà sapere nel 1959 iniziarono le operazioni di scavo in zona Moregine, facente parte del comune di Pompei, affinché fosse realizzato il collegamento autostradale tra questa e Salerno; in quell’occasione furono portati alla luce resti importanti e tra le varie costruzioni ve ne era una in cui fu rinvenuto un tesoro di gioielli. Tutto ciò che poteva essere asportato fu asportato, mentre il resto fu di nuovo coperto per costruire oltre all’autostrada anche la stazione Moregine della Circumvesuviana (realizzata coi fondi dell’Unione Europea, come da targa visibile in loco) e molte abitazioni. Il quadro si completa con la nota piaga dell’incuria e dei crolli che affligge quanto portato alla luce.
Se pensiamo che nella prima metà del ‘700, sotto l’impulso dei Borbone, gli scavi archeologici di Pompei ed Ercolano attirarono su di sé lo stupore e l’entusiasmo del mondo intero diventando tappa imperdibile del Grand Tour, non possiamo che provare enorme vuoto interiore e indicibile vergogna davanti alla Storia e alla Cultura, davanti al pianeta e alle generazioni passate e future.
Ecco di seguito alcune foto del centro commerciale costruito sui reperti, fatte dall’esterno dei lavori (cliccare per ingrandire): non è stato possibile farne dall’interno né altre dall’esterno in quanto mi è stato fatto capire che non era gradito quanto stavo facendo, allora essendo da solo ho preferito andarmene.