“Pianta aromatica, molto adoperata, e fresca e secca nella cucina napoletana, solita a coltivarsi su’ davanzali delle finestre e celebre per una cantilena popolare”. Giambattista Basile dà questa descrizione della vasinicola. Ma a quale erba si riferisce? Al basilico. In quasi tutti i dialetti del Meridione, infatti, questa pianta è chiamata vasinicola. Il termine deriva dal greco antico “vazilikon”, che a sua volta si rifà alla parola “vasilias” cioè Re. Si traduce quindi con “degna di un re”. Il riferimento alla nobiltà non avviene solo in questa lingua, infatti, in francese, il basilico è detto “herbe royale” (erba reale). Dopotutto anche il termine italiano basilico deriva dal latino “basilicum”, cioé “pianta regale”, che proviene da “basileus” che si traduce con Re.
Ovviamente anche la leggenda che spiegherebbe l’impiego della parola vasinicola non poteva non avere a che fare con un Re. Si narra che un certo re Nicola, forse di origini persiane o turche, coltivasse nel suo castello unicamente questa piantina profumata. Egli costruì le sue ricchezze e il suo impero proprio sul commercio del basilico. Quando il sovrano morì il suo regno cadde in rovina, ma gli abitanti del villaggio decisero di non sprecare quelle piantine così buone che il defunto re aveva lasciato nel castello e così spesso andavano a raccoglierle per insaporire le proprie pietanze. I contadini erano soliti indicare l’antico basilico come “l’erba dei vasi di Nicola” o espressioni simili, da queste parole, che con il passare del tempo divennero sempre più concise, nacque la parola vasinicola, vasi di Nicola appunto.
Proveniente dall’Asia tropicale, il basilico si è diffuso in Europa dopo aver attraversato il Medio Oriente. Fu particolarmente apprezzato in Italia e nel sud della Francia. Arrivò anche in America poiché accompagnava i viaggiatori che lo consideravano una pianta curativa. Ma in verità da sempre il basilico ha racchiuso in sé miti e leggende. Conosciuto fin dall’antichità per il suo aroma e per le sue proprietà medicinali e addirittura afrodisiache, come cita Plinio il Vecchio in uno dei suoi testi. Nel Medioevo invece si credeva che nascondendo il basilico nel petto o nelle calze, si potesse trovare l’amore. Altri erano soliti posare una piantina sul davanzale per allontanare le energie negative. Credenze popolari raccontano invece che il basilico fosse un test a cui tutte le giovani in età da marito dovevano sottoporsi. Infatti se una fanciulla tremava toccandone una foglia voleva dire che non era più vergine.
Per conoscere un’altra leggenda sul basilico si possono addirittura sfogliare le pagine del Decameron di Giovanni Boccaccio. Nella quinta novella lo scrittore narra di una giovane di nome Lisabetta da Messina che si innamora del povero pisano Lorenzo. I fratelli della fanciulla, non approvando questo legame uccidono il giovane e lo seppelliscono. Lisabetta scoprendo la morte dell’amato va sul luogo della sepoltura e decide di tagliare la testa di Lorenzo per tenere per sempre con sé un ricordo del giovane. Arrivata a casa decide di mettere la testa del ragazzo in un vaso ricoperto di terra sulla quale piange ogni notte. Dopo qualche giorno ecco fiorire una pianta di “bassilico bellissimo e odifero”.
Fonti: Giovanni Boccaccio, “Il Decamerone”, Didot frères, fils et C., Paris, 1866
Gerardo Fortino, “Home-Made. I segreti delle droghe”, Fortino, 2015
Frapla, “Il Vasinicola”, Briganteggiando, 2012
Giambattista Basile, “Opere”, Forni, Bologna, 1883