Porta il suo nome uno dei più importanti ospedali italiani, nonché il più grande del Sud Italia, situato a Napoli nella via a lui dedicata. Ci riferiamo ad Antonio Cardarelli, medico, docente e senatore del Regno d’Italia, nato nel 1831 a Civitanova del Sannio in provincia di Campobasso. Dopo essersi trasferito a Napoli per studiare medicina nell’ ospedale degli Incurabili, dove si laureò nel 1853, decise di non lasciare mai più il capoluogo campano. Nel 1869 vinse il concorso per la cattedra di patologia medica. Ebbe come maestri Vincenzo Lanza, Antonio Villanova e Pietro Ramaglia.
Cardarelli considerava quest’ultimo il vero fondatore della scuola medica napoletana basata sulla semeiotica e sullo studio anatomo-clinico della medicina interna, materia a cui egli stesso dedicò quasi tutta la sua vita. Cardarelli scoprì nuovi sintomi e sintomatologie morbose, che portano il suo nome. Nell’opera Gli aneurismi dell’aorta, scritta nel 1868, ne descrisse la più nota: la pulsazione laringo-tracheale trasmessa dagli aneurismi dell’arco aortico.
Si narra che egli riuscisse a individuare l’aneurisma aortico facendo solamente pronunciare la lettera “a” agli ammalati. Si dice che con questo sistema salvò la vita a un pescatore che urlava in riva al mare. Per la capacità di poter leggere su un paziente la diagnosi senza neanche vedere la cartella medica, alcuni affermavano che possedesse un leggendario “occhio clinico”. Augusto Murri, uno dei più grandi studiosi medici di fine Ottocento disse: “gli altri clinici dicono quello che hanno letto, mentre lui dice quello che ha visto”.
Grazie a questa sua peculiarità diagnosticò a papa Leone XIII, attraverso la sola lettura dei bollettini medici, un cancro alla pleura. Un’altra leggenda che testimonia la prontezza di Cardarelli, narra che volendolo mettere in difficoltà, i suoi colleghi lo misero alla prova facendogli visitare un loro complice che si finse malato. Cardarelli gli diagnosticò una nefrite cronaca e fu preso in giro da coloro che credevano di avergli presentato una persona sana. Il finto malato morì dopo circa una settimana.
Medico di fiducia di Giuseppe Garibaldi e dei sovrani Vittorio Emanuele II e Umberto I, chiedevano di essere visitati da lui anche Giuseppe Verdi e il filosofo Benedetto Croce. Quest’ultimo lodò i perfetti giudizi medici di Cardarelli scrivendo: “Fin da quando ero giovane, le mie diagnosi e prognosi letterarie erano diventate cosi famose per la loro esattezza e sicurezza tra i letterati di Napoli, che mi chiamavano il Don Antonio Cardarelli della letteratura”.
Il grande medico si spense, nel 1927, a novantasei anni nella sua casa di via Costantinopoli. Prima di morire ebbe anche il privilegio, con lo pseudonimo di Amato Amati, di essere il protagonista de Il paese di cuccagna, opera di Matilde Serao pubblicata nel 1890 a puntate sul quotidiano Il Mattino. La scrittrice racconta: “[…] tutta la gente lo chiamava, l’invocava, gli tendeva le mani, chiedendo aiuto, assediando il portone, le scale, la sua porta… con la pazienza e la rassegnazione di chi aspetta un salvatore”.
Fonti: Artisti Vari, “Documenti del Seminario di studi su Antonio Cardarelli nel cinquantenario della sua morte”, Civitanova del Sannio, 1977.
Matilde Serao, “Il paese di cuccagna”, Giannini, Napoli, 2004
Andrea Jelardi, “Giuseppe Moscati e la scuola medica sannita”, edizioni Realtà Sannita, Benevento, 2004.