In inglese si chiamano “Chain Letter”, in francese “Chaîne de lettres”, nessuna traccia di Sant’Antonio. Perché quindi in italiano sono state associate a questo santo? Sicuramente Sant’Antonio è da sempre considerato uno dei santi oggetto di maggiore devozione popolare e questo era un dato non trascurabile, poiché inizialmente si inviavano delle lettere con preghiere ad amici o conoscenti con lo scopo di ottenere un aiuto da parte del santo.
Infatti, anche se siamo abituate a leggerle su WhatsApp, o tramite messaggio classico e prima ancora le ricevevamo per email, in realtà c’è stato un tempo in cui erano diffuse grazie a semplici missive, ben lontane da quelle d’amore rese celebri dai film in costume.
A metà del Novecento queste lettere, inviate per posta, iniziavano con la frase “Recita tre Ave Maria a Sant’Antonio” e continuavano con la richiesta di trascrivere quella preghiera e inviarla a diverse persone per ottenere privilegi e fortune invece di disgrazie. Anche durante la prima guerra mondiale circolavano delle catene formate da biglietti che riportavano delle preghiere di pace. Con il passare del tempo, questo gioco diventò più venale con la nascita dei cosiddetti sistemi piramidali. Consistevano nel diffondere una lettera con un elenco di nomi e indirizzi che si aggiornava a poco a poco, e colui che la riceveva, prima di rinviarla, doveva versare una somma di denaro al primo della lista.
Altro tipo di Catena di Sant’Antonio vedeva protagoniste le banconote, utilizzate al posto delle lettere. Si usava scrivere dei messaggi sulle vecchie mille lire italiane, sia perché i soldi avevano una maggiore diffusione e quindi passavano in mano a moltissime persone, sia perché così facendo si evitavano le spese postali. Ovviamente al giorno d’oggi la diffusione non è un problema grazie alla funzione “copia” che evita al destinatario di riscrivere il messaggio da capo, poiché può semplicemente inoltrarlo senza tanta fatica. Inoltre la maggior parte delle persone tende a credere alle parole che riceve, nonostante queste catene contengano inevitabilmente informazioni false, dato che leggono la classica frase “è vero, l’ho letto su internet”. Infatti, raramente i destinatari effettuano verifiche sul messaggio che decidono di inoltrare. Spesso se la catena è diffusa per email, non si diffondono solo i messaggi, ma anche gli indirizzi dei precedenti destinatari che, se non cancellati, sono resi noti a un numero indefinito di persone.
Bisogna però sempre ricordare che questo gioco è vietato dalla legge, così come è stato sancito dalla terza sezione penale della Corte di Cassazione nel 2012.
Fonti: Carlo Sansotta, “Nozioni di informatica”, lulu.com, 2014
Nevio Brunetta, “Il diritto dell’informazione e della comunicazione”, Libreria universitaria, Padova, 2012