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San Vito e l’origine del ballo che porta il suo nome

 

Il suo nome deriva dall’antico sassone latinizzato in “uicus”, che significa “bellicoso” e si festeggia il 15 giugno. San Vito, detto “di Lucania”, è sepolto presso la chiesa omonima situata a Marigliano.

Il culto per San Vito è attestato dalla fine del V secolo, ma le notizie sulla sua vita sono poche e scarsamente attendibili. Alcuni antichi testi lo dicono lucano, altri siciliano, nacque nel III secolo e fu martirizzato nel 303 d. C. con i santi Crescenzio e Modesto.

Si narra che, durante la seconda ondata di persecuzione contro i cristiani (Tacito scrisse di tre ondate, la prima sotto Marco Aurelio, la seconda con Decio e Valeriano e la terza sotto Diocleziano)  il padre, convinto pagano, lo denunciò. Questo non bastò a convincere Vito ad abiurare anche perché aveva come esempi la nutrice Crescenzia e il maestro Modesto, anche loro arrestati. Dopo poco il giovane fu rimandato a casa, ma quando stava per essere arrestato nuovamente il maestro organizzò un viaggio per mare e riuscì a fuggire. Durante la traversata i due furono nutriti da un’aquila che portò loro acqua e cibo, riuscirono così a raggiungere la foce del Sele sulle coste del Cilento. Qui, conosciuto per essere un bravo taumaturgo, fu rintracciato dai soldati dell’imperatore Diocleziano, che cercava qualcuno che potesse guarire il figlio sofferente di spasmi e dolori. Probabilmente il giovane soffriva di epilessia, una malattia che all’epoca, faceva sì che i malati fossero considerati indemoniati.

Una delle torture di San Vito

Dopo che Vito gli guarì il figlio, Diocleziano lo fece torturare poiché egli continuava a non voler giurare fedeltà agli dei romani. Prima lo fece immergere in un calderone di pece bollente, da cui il Santo uscì illeso, poi lo fece gettare fra i leoni che invece di assalirlo, gli leccarono i piedi diventando mansueti. In seguito lo fece appendere vivo a un eculeo, cavalletto di legno su cui si facevano stendere i detenuti che poi venivano tirati per le mani e piedi facendo allungare il corpo fino a romperne le ossa. Ma mentre il suo corpo veniva lacerato, apparvero degli angeli che lo liberarono e lo trasportarono presso il fiume Sele dove si lasciò morire. Non si conosce bene l’età di Vito quando morì, alcuni studiosi dicono 12 anni, altri 15 e altri ancora 17.

La guarigione dalla corea del figlio di Diocleziano, che lo faceva sembrare posseduto dagli spiriti del male, legò a lui per sempre il nome popolare di quella malattia nervosa di origine infettiva, detta appunto “ballo di san Vito“.

Rappresentazione del Ballo di San Vito

Protettore dei muti, dei sordi e anche degli artisti, in particolare dei ballerini, per la somiglianza nella gestualità agli epilettici, fu venerato soprattutto nel Medioevo e fu inserito nel gruppo dei santi ausiliatori, santi verso i quali era invocata una intercessione in particolare, per gravi circostanze e per ottenere guarigione da malattie particolari.

Bisogna dire che delle reliquie di san Vito, è piena l’Europa. Circa 150 cittadine, vantano di possedere sue reliquie o frammenti, compreso Mazara del Vallo, sito identificato come luogo di nascita, che conserva un braccio, un osso della gamba e altri più piccoli.

Fonti: Valter Curzi, “Dizionario dei nomi”, L’Airone Editrice, Roma, 2003

Domenico da Noci, “Memorie storiche del glorioso martire San Vito”, Andrea Festa, Napoli, 1858

Antonio Borrelli, “San Vito. Adolescente Martire”, 2004