Per molti tifosi potrà essere solo uno dei tanti ritornelli cantati allo stadio per festeggiare la propria squadra del cuore: il Napoli. Dopotutto nel 2013 una rivisitazione di questo brano, arrangiata da Francesco Sondelli, fu presentata come inno ufficiale della squadra azzurra. Ma in realtà “‘O surdato ‘nnammurato” è molto di più. Aniello Califano, figlio di un importante proprietario terriero di Sorrento, scrisse questa canzone nel 1915. Dopo averla portata all’editore Gennarelli fu musicata da Enrico Cannio. A un orecchio superficiale potrebbe sembrare una delle tante canzoni d’amore che punta su una marcetta insistente che si impone nella mente di chi ascolta. Ciò che invece percepisce un attento ascoltatore è la storia raccontata dietro quelle parole così semplici e così dirette. Sappiamo che a cantare è un soldato, questa informazione è data dal titolo. Il protagonista è lontano dalla sua amata poiché la necessità stessa di dedicarle un testo presuppone l’assenza della giovane. La canzone crea un legame fra i due innamorati ed elimina le distanze rendendo entrambi più sicuri dell’amore dell’altro: “Si’ sicura ‘e chist’ammore comm’i’ so’ sicuro ‘e te”.
Ovviamente leggendo la data in cui fu scritta la canzone non è difficile immaginare per quale motivo il soldato è lontano dalla sua amata. Il 1915 è l’anno in cui l’Italia entra in guerra. La prima guerra mondiale, conosciuta anche come guerra di trincea, vide la nascita di numerose composizioni con al centro proprio il tema del conflitto. “La leggenda del Piave” è probabilmente tuttora la musica e il canto che viene immediatamente associato a quell’evento. Ma insieme con queste canzoni esplicite si sviluppò anche una creatività musicale intimistica in cui il sentimento prevalente era la nostalgia. Dopo non molto tempo dalla sua diffusione, “‘O surdato ‘nnammurato” inizia a diventare un testo scomodo. Ai soldati è vietato canticchiarla, così come ai suonatori al fronte, che cercano di alleggerire le serate dei propri compagni, è proibito intonare le sue note. Ma perché? I fascisti bollarono questa canzone come “disfattista”. Per loro non era un inno all’amore, ma un invito a disertare. Non era una dichiarazione d’amore, ma un affronto al patriottismo e alla voglia che tutti i soldati dovevano avere di difendere la propria terra. Come poteva aver voglia di tornare dalla propria fidanzata un uomo che doveva essere pronto a sacrificare tutto, compresa lei, per il proprio Paese?! Questa canzone era un inno alla propria donna che aspettava a casa, non decantava nessun gesto eroico compiuto al fronte.
Ma nonostante la censura e i cento anni passati “‘O surdato ‘nnammurato” è stato riproposto, nel corso degli anni, da grandi artisti della canzone napoletana. Primo fra tutti Massimo Ranieri, a cui forse appartiene l’interpretazione ufficiale di questo brano. Si sono cimentate a cantarlo anche grandi star come Anna Magnani. Rimarrà nella storia la scena di “La Sciantosa” in cui l’attrice canta con voce rotta ed emozionata questa canzone, dando un suono alla nostalgia provata da tutti quei ragazzi al fronte.
Fonti: Marco Pizzo, “La Prima guerra mondiale”, Roma, Gangemi Editore, 2014
Vincenzo Esposito, “Storia de ’O surdato ‘nnammurato”, in Corriere del Mezzogiorno, 2015