È situato alle pendici del Vesuvio e del Monte Somma, secondo alcuni il suo nome deriva dal latino porticus, per altri proviene da Quinto Porzio Aquila, nobile romano in congiura contro Cesare. Il comune di Portici possiede alcuni luoghi di interesse storico-culturale come la Reggia, voluta da Carlo III di Borbone, e il Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, nato in onore della prima locomotiva a vapore italiana. A Portici si trovano anche alcune delle ville che fanno parte del celebre Miglio d’Oro, un percorso architettonico che comprende più di cento tra abitazioni settecentesche e dimore aristocratiche; tra le più importanti si ricorda villa d’Elboeuf. Senza dimenticare l’Orto Botanico in cui convivono piante provenienti da diverse zone del mondo. Ma soprattutto, molti porticesi sono devoti a un santo: Pasquale Baylon.
Quando e come nasce questo culto? Alla fine del XVII secolo i Frati Minori Alcantarini, ordine fondato nel Cinquecento da san Pietro d’Alcantara e provenienti dalla Spagna, costruirono il convento francescano del Granatello a Portici. Era uno di questi frati anche Pasquale Baylon, povero pastore che quando entrò a far parte del gruppo spirituale, si occupò prima della cucina e poi della questua. Dopo la sua morte e il suo essere proclamato beato nel 1618 e poi Santo nel 1690, i Frati laici Alcantarini scelsero come celeste patrono proprio san Pasquale poiché in vita si era distinto per cultura e spiritualità. Nel loro peregrinare i frati invitavano incessantemente i benefattori a invocare l’intercessione del loro patrono a cui rivolgevano tutte le preghiere. Per questo motivo gli Alcantarini, erano spesso chiamati “frati o monaci di San Pasquale”. Inoltre tutti i luoghi di culto da loro realizzati o in cui si sono fermati, erano denominati, al di là della loro ufficiale intitolazione, “conventi di San Pasquale”. Stessa sorte è toccata anche al convento alcantarino al Granatello, il quale sarebbe in realtà intitolato a san Pietro d’Alcantara.
Questo complesso religioso è particolarmente importante poiché in esso, nel 1769, fu aperta la prima scuola di Portici e perché possedeva una ricca biblioteca che era considerata la migliore della Campania. All’interno, sull’altare, c’è una pala che rappresenta la “Morte di San Pietro di Alcantara”, di De Rossi, allievo di Luca Giordano, e uno splendido baldacchino del coro. Infine, custodisce una copia di una tela di San Giuda Taddeo, il cui originale è conservato nell’archivio francescano. Oltre al culto verso San Pasquale, è infatti, diffuso in tutto il napoletano anche quello di San Giuda Taddeo. La fede in questo Santo è nata per opera del venerabile Padre Sempliciano, che ricevette una grazia dallo stesso. Nel 1955 la facciata del convento fu completamente rifatta, infatti, quella attuale, non ha nulla della connotazione originaria.
Per anni, e probabilmente ancora oggi, si sono recate in questo luogo di culto ragazze in cerca di un marito che, come ricorda anche Matilde Serao, erano solite ripetere per nove sere di seguito: “San Pasquale Bailonne protettore delle donne mannateme nu marito rubicondo e sapurito, comme a vuje, tale e quale, gloriosissimo San Paquale”.
Fonti: Giuseppe Vettori, “Il Folk italiano: canti e poesie popolari”, Newton Compton, 1975
Matilde Serao, “Il ventre di Napoli”, Scrivere Edizioni, 2012