Furono scoperte solo nel 1931 quando padre Antonio Bellucci iniziò degli scavi sistematici che portarono alla luce l’intero complesso cimiteriale. Furono conosciute dal resto d’Italia e del mondo quando lo stesso Bellucci ne diede notizia nell’opera “Atti del III Congresso internazionale di archeologia cristiana”, pubblicata nel 1934. In realtà le Catacombe di Sant’Efebo era state rinvenute nel Cinquecento, ma i frati cappuccini di Sant’Eframo Vecchio avevano murato l’accesso per timore che quel luogo spirituale diventasse meta di curiosi e pellegrini. Delle Catacombe, a causa dell’inserimento di ambienti posteriori, è rimasto ben poco e purtroppo sono andate perdute le decorazioni e le iscrizioni. Durante il XVI secolo furono aperte anche alcune cisterne, di notevole profondità, che distrussero diverse parti del cimitero, fortunatamente si sono salvati e sono in buone condizioni un affresco raffigurante tre Santi, del VI secolo realizzato da un tale Agnese, e una statua di stucco di San Gennaro.
Ma perché si chiamano Catacombe di Sant’Efebo? Hanno ospitato il corpo del vescovo Efebo, conosciuto anche come Eufebio o Eframo, come lo chiamano soprattutto i napoletani. Nato tra il III e il IV secolo d. C. a Napoli, dedicò tutta la sua vita alla propria comunità parrocchiale. Si narra che fosse un efficace taumaturgo a cui furono attribuiti diversi miracoli. Dopo essere diventato l’ottavo vescovo del capoluogo campano, quando morì, invece di essere seppellito nelle catacombe napoletane generalmente ubicate nella zona extraurbana del quartiere Vergini-Sanità, fu sepolto ai piedi della collina di Capodimonte, in una zona a cavallo tra gli Ottocalli e il pendio di Santa Maria degli Angeli alle Croci. La tradizione napoletana narra però che a un certo punto, probabilmente intorno al IX secolo, le sue spoglie furono spostate al Duomo di Napoli. In un secondo momento ciò che restava del suo corpo fu nuovamente portato alle catacombe originarie. Alcuni sostengono anche che nell’ultimo viaggio, avvenuto nel XIII secolo, furono deposte all’interno della chiesa di Sant’Eframo insieme con quelle di San Massimo e San Fortunato.
Il complesso religioso, edificato nel 1530 dai frati cappuccini guidati da Ludovico da Fossombrone, fu costruito proprio sopra una parte delle Catacombe. Tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento furono donate o vendute ai cappuccini terre situate nei pressi del convento, i religiosi ebbero così modo di ampliare la loro proprietà realizzando un orto e dei giardini. Nel XVIII secolo la chiesa subì numerosi restauri e tra il 1844 e il 1850 fu costruito il pavimento di gusto orientale che si può ammirare ancora oggi. Dopo poco, un privato comprò l’intero complesso e lo vendette alla monache delle Trentatré che lo donarono nuovamente ai frati cappuccini. Sant’Efebo è diventato compatrono della città partenopea nel 1673 ed è generalmente celebrato il 23 maggio e l’otto novembre poiché è il giorno in cui si festeggia la memoria dei “Santi Vescovi della Chiesa di Napoli”. Ogni cento anni, come vuole la tradizione, un busto d’argento del vescovo è portato in processione dal Duomo fino alla chiesa di Sant’Eframo Vecchio.
Fonti: Romualdo Marrone, “Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità di Napoli”, Roma, Newton Compton, 2015; Pasquale Testini, “Archeologia cristiana”, Bari, Edipuglia, 1980; M Amodio – C. Ebanista, “Aree funerarie e luoghi di culto in rupe: le cavità artificiali campane tra tarda antichità e medioevo”, in Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali, Napoli 2008; Sito francescani di Sant’Eframo.