Non tutti sanno che, quando parliamo dei famosi “quattro stili pompeiani”, ci riferiamo a una classificazione generale della pittura romana codificata dall’archeologo tedesco August Mau sulla base delle pitture giunte fino a noi dalle città della Campania, sommerse sotto la cenere e il fango del Vesuvio. Infatti le particolari condizioni di conservazione di città come Pompei, da qui l’aggettivo “pompeiano”, e Ercolano hanno reso possibile studiare l’evoluzione della pittura di Roma.
In realtà si usa il termine “stile” erroneamente perchè si parla piuttosto di schema decorativo.
Il primo stile, detto anche “strutturale o dell’incrostazione”, si colloca dal II sec. a.C. alla prima metà del I sec. a.C. e imita un rivestimento in lastre di marmo. Le lastre erano imitate modellando dello stucco che veniva colorato. Si utilizzava sia in edifici pubblici che in abitazioni e in particolare nelle abitazioni modeste cosicchè si evitava l’utilizzo del marmo. Si trovano alcuni esempi a Pompei nella Basilica, nella Casa del Fauno e nella Casa di Sallustio, ad Ercolano invece nella Casa Sannitica.
Il secondo stile, detto “dell’architettura in prospettiva”, si colloca tra la seconda metà del I sec. a.C. e il I sec. d.C.. La pittura imita le architetture in modo realistico: troviamo parapetti, colonne, architravi e spesso uno zoccolo inferiore con una decorazione a incrostazione. Con un abile gioco di luci e ombre si creava un effetto illusionistico, in rilievo. A Roma troviamo questo stile nella Casa dei Grifi sul Palatino, mentre a Pompei è presente all’interno del cubicolo di Villa dei Misteri. Probabilmente, però, l’esempio più ricco del secondo stile si trovava nella villa di Boscoreale risalente dopo il 50 a.C. le cui pitture sono state smantellate e si trovano sparse in diversi musei.
Il terso stile, detto “ornamentale”, si sovrappone al secondo stile e arriva fino all’epoca di Claudio (41-54 d.C.). C’è un’inversione di tendenza in quanto viene abbandonata la prospettiva architettonica e si lascia il posto a strutture piatte con campiture monocrome, scure, assimilabili a tendaggi o tappezzerie, al centro dei quali si collocano dei pannelli (pinakes) con raffigurazioni di diverso genere. Ne abbiamo un esempio nella Casa di Giulio Polibio a Pompei.
Il quarto stile, detto “dell’illusionismo prospettico”, si colloca subito dopo il 60 d.C. perchè a Pompei lo ritroviamo utilizzato nella decorazione di diverse ville dopo il terremoto del 62 d.C. Si caratterizza per una grande ricchezza ma nulla di nuovo, dal momento che riprende gli stili precedenti, dall’imitazione di lastre marmoree del primo stile, alle finte architetture del secondo stile agli elementi vegetali tipici del terzo stile. Gli esempi più importanti a Pompei li troviamo nella Casa dei Vettii e nella Casa dei Dioscuri.
Fonti:
– “Roma. L’arte romana nel centro del potere” di Ranuccio Bianchi Bandinelli, Milano, 2007
– “L’arte dell’antichità classica. Etruria-Roma”, di Ranuccio Bianchi Bandinelli, Mario Torelli, Novara, 2008
– “Pompei. Guida agli scavi” di Pier Giovanni Guzzo e Antonio d’Ambrosio, Napoli, 2010