Una delle scoperte archeologiche più affascinati del ‘900 è senz’altro quella del Santuario di Hera alla foce del Sele, poco distante da Paestum, l’antica Poseidonia, città greca fondata alla fine del VII sec. a.C. da Achei provenienti da Sibari. Contemporaneamente all’impianto della città, i Sibariti fondarono sulla riva sinistra del Sele un santuario extraurbano dedicato al culto della dea Hera, segnando in questo modo il confine sacro del territorio poseidoniate. Al di là del fiume, infatti, sulla riva destra cominciava il comprensorio etrusco con capitale Pontecagnano.
L’origine mitica di questo santuario affonda le sue radici nella leggenda di Giasone e gli Argonauti alla ricerca del vello d’oro. Il vello d’oro è il mantello di un ariete volante che aveva tratto in salvo Frisso, il figlio del re Atamante, portandolo in volo dalla Tessaglia, attraverso il mar Nero, fino al regno di Aete in Colchide, una regione del Caucaso per i Greci ancora inesplorata. Giasone, il figlio di Esone, discendente del re Atamante, una volta adulto torna nella città di Iolco a riscattare il trono che lo zio Pelia aveva sottratto a suo padre. In cambio del trono Pelia gli impone un’impresa impossibile: l’eroe avrebbe dovuto recarsi proprio nella lontana Colchide “oltre i confini dal mondo” per recuperare il vello d’oro, custodito da un drago mostruoso e appeso al ramo di una quercia in un’area sacra ad Ares.
Alla spedizione partecipano anche eroi come Orfeo, Eracle, Castore e Polluce, Admeto, Telamone, tutti a bordo di una nave prodigiosa, con 50 remi, dotata dell’uso della parola, costruita da Argo con l’aiuto della dea Atena. Sotto la protezione di Hera, Giasone e gli Argonauti intraprendono così un viaggio verso terre e genti sconosciute, dove l’eroe affronta pericoli, entra in contatto con altri popoli, stringe alleanze, fonda città e santuari.
Strabone, geografo greco vissuto tra il 60 a.C.e il 20 d.C., nel VI libro della sua opera, Geografia, ricorda un tempio fondato da Giasone in onore di Hera e lo colloca sulla riva sinistra del Sele, a 50 stadi, ossia a 9 chilometri di distanza dalla città di Poseidonia. Sebbene dunque il santuario fosse noto sin dall’antichità, ricordato anche da Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) e da Plutarco, per secoli dell’antico luogo sacro si perse completamente la memoria. Queste fonti letterarie costituirono fino alle prime ricognizioni archeologiche l’unica testimonianza della sua esistenza.
Nel 1933, seguendo l’indicazione di Strabone, due illustri archeologi, la giovane napoletana Paola Zancani Montuoro e il nobile torinese Umberto Zanotti Bianco, si avventurarono nella palude del Sele alla scoperta delle antiche vestigia del tempio di Hera.
Qui, in un luogo ormai dimenticato, sepolto dal fango, popolato da mandrie di bufale, dominato da acquitrini e boscaglia, emersero i primi frammenti di tegole e i primi blocchi dell’antico santuario. Nonostante le difficoltà e gli ostacoli politici del regime fascista, le ricerche proseguirono grazie alla tenacia e alla costanza dei due archeologi che riuscirono a ridare finalmente dignità storica a questo straordinario sito archeologico.
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