Pompei: una città magica, un mondo antico, pieno di vita e di ricchezze, distrutto improvvisamente dalla famosa eruzione del Vesuvio del 79 d.C., conosciuta e studiata dagli archeologi, dai vulcanologi e dagli storici di tutto il mondo. Ceneri, lapilli e colate di gas ad altissime temperature (denominate dagli studiosi Surge – ndr) sommersero Pompei, arrestandola in un fermo-immagine nel tempo.
Assieme alle persone impegnate nelle loro attività, le botteghe, le strade, il Foro, l’anfiteatro, le terme a Pompei anche le Ville, affascinanti abitazioni di personaggi noti o famiglie romane importanti, vennero completamente ricoperte dalla furia del Vesuvio che continuò a far tremare la terra anche nei giorni immediatamente successivi all’eruzione. ArcheoVesuvio propone ai nostri lettori, un viaggio nel tempo, un salto nel passato all’interno di queste meravigliose domus della Pompei antica, partendo da una delle più suggestive: Villa dei Misteri.
Villa dei Misteri è una villa suburbana di epoca romana, ubicata a pochi metri di distanza fuori dalle mura della città di Pompei; secondo Plino il Vecchio e Vitruvio (rispettivamente ammiraglio, scrittore naturalista e architetto e scrittore romani – ndr), le ville in età romana erano essenzialmente delle case di campagna e potevano dividersi in due grandi gruppi: la villa urbana, a pochi chilometri da Roma, adoperata come residenza di campagna per una o due notti e la villa rustica, residenza con funzioni di fattoria, abitata prevalentemente dagli schiavi che ivi svolgevano lavori legati alla produzione agricola dei campi circostanti.
Di carattere rustico-residenziale Villa dei Misteri fu riportata alla luce soltanto tra il 1909-10 e ancora oggi è uno dei siti più visitati di tutti gli scavi archeologici di Pompei, sopratutto per i suoi magnifici affreschi nella sala del triclinium, molto ben conservati, che raffigurano riti misterici, da cui appunto la villa prese il nome. Scoperta dal proprietario terriero di quella zona, fu battezzata inizialmente come Villa Itis e soltanto nel 1931 furono rese pubbliche alcune tavole a colori che rappresentavano gli affreschi, grazie all’opera dell’archeologo italiano Amedeo Maiuri; purtroppo ancora oggi lo scavo non è stato completato e nessuno può supporre quali “segreti” ancora nasconda Villa dei Misteri. A causa delle frequenti scosse di terremoto che precedettero l’eruzione, si pensa che la villa era in una fase delicata di lavori di restauro, infatti durante gli scavi non vennero ritrovati materiali preziosi, oggetti o suppellettili, ma soltanto nella zona rustica venne rinvenuta una statua di Livia in abiti da sacerdotessa assieme a numerosi resti umani.
Villa dei Misteri fu costruita nel II secolo a.C. e durante l’età augustea godette del suo massimo splendore, tanto da essere ampliata e abbellita: di forma quadrata situata sulla sommità di una collinetta da cui si poteva scorgere il Golfo di Napoli, era vista come una villa d’otium, dotata di sale ampie e di giardini pensili in una posizione panoramica a pochi passi dal mare; poggia su un terrapieno, sostenuta da un criptoportico ad arcate cieche usato successivamente come deposito; a causa dei numerosi terremoti, poi fu trasformata in villa rustica, con attrezzi agricoli e torchi per la lavorazione e la spremitura dell’uva, adibita quindi alla vendita del vino. L’ingresso principale, in parte ancora da dissotterrare, si trova lungo una via secondaria che probabilmente portava alle Tombe; nella parte rustica vi sono zone interamente dedicate alla cucina, ai forni, panifici e celle per il vino. Grazie a un sigillo ritrovato, conosciamo il nome del custode di Villa dei Misteri: Lucio Istacidio Zosimo.
All’interno di Villa dei Misteri si dipanano vari ambienti laterali chiamati cubicula, decorati prima in II Stile e poi in III Stile; vi è anche il quartiere termale, il triclinio e una scalinata che conduceva ai piani superiori, nelle stanze della servitù. La meraviglia incontrastata di Villa dei Misteri è tutto il ciclo pittorico: le decorazioni parietali si differenziano in base al periodo storico; nel tablino le pareti sono affrescate di nero con decorazioni in stile egittizzante, mentre in altre sale ci sono affreschi del I secolo a.C. di un artista anonimo che con la tecnica della megalographia, ispirata alla pittura greca, raffigurava figure a grandezza naturale, come nella famosa scena del Dioniso. Ancora incerto è il significato profondo dell’affresco: una serie di sequenze che potrebbero descrivere momenti simbolici, una scena di mimi, danze o celebrazioni di un matrimonio, o il rito di iniziazione per le spose di Dioniso.
Nell’osservare bene gli affreschi, si nota una donna occupata ad acconciarsi i capelli circondata da amorini che reggono specchi; segue una matrona seduta su un trono e poi una donna velata, con accanto una sacerdotessa e ai suoi piedi un fanciullo intento a leggere testi sacri. Importante è la scena dell’agape: una sacerdotessa versa del vino su un ramo di mirto, con accanto un sileno che suona la lira; vi è anche una scena che raffigura una satiressa che allatta un capretto con accanto un satiro che suona il flauto e una sposa che cerca di avvolgersi in un mantello. Segue poi la scena della catottromanzia (divinazione attraverso uno specchio ritenuto magico – ndr) in cui c’è un sacerdote che porge a un giovane una coppa in cui ci si può specchiare.
Purtroppo la scena più rovinata è quella di Dioniso tra le braccia di Arianna; vi è poi la scena del linkenon e phallos, in cui una giovane scalza coperta solo da un lembo di mantello, scopre il fallo del dio, simbolo di fertilità. Segue poi la scena della flagellazione nella quale una ragazza in ginocchio viene frustata da Telete e infine una scena danzante, in cui vengono allegramente suonati cembali da una ministra del culto mentre una giovane danza dolcemente.
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