Prima degli slip alla “brasiliana”, dei perizomi e dei push-up cosa indossavano le donne? Prima di giungere all’invenzione di una lingerie comoda e “no stress”e ai completini sexy c’è stata un’evoluzione nel corso dei secoli che racconta la trasformazione culturale del mondo femminile e della sessualità nel mondo occidentale.
La biancheria intima sembra sia nata nell’antico Egitto, quando le donne nobili iniziarono ad indossare una tunica attillata sotto quella più esterna, come una specie di sottoveste. Mentre le donne greche e romane, meno pudiche, non indossavano nulla sotto la tunica però questo valeva anche per gli uomini. Esisteva solo un capo, simile al moderno reggiseno, il “mamillare” che consisteva in una fascia di cuoio per appiattire il seno e lo “strophium“, che lo avvolgeva ma non lo comprimeva. Questa fascia pettorale è rappresentata anche negli affreschi del lupanare di Pompei, in cui viene indossata dalle prostitute, per marcare la differenza tre le donne e le dee. Pur avendo le stesse forme, le divinità esibiscono il seno nudo, mentre il pittore sottolinea la natura delle donne “umane” con la fascia.
Talvolta, per fare attività fisica o per farsi il bagno, le matrone romane usavano la subligatula (da subligare, cioè legare sotto), una fasciatura pettorale, come quelle rappresentate nei mosaici della Villa Romana del Casale a Piazza Armerina (EN) che costituiscono la prima testimonianza artistica di biancheria “intima” (nella foto sopra). Per il periodo medioevale è tutto incerto, poiché, nei testi dell’epoca non si parla di biancheria intima. Però recentemente gli archeologi dell’università di Innsbruck hanno fatto una scoperta interessante al castello austriaco di Lengberg. Durante gli scavi hanno trovato un reggiseno del XV secolo, molto simile ad un esemplare degli anni Cinquanta.
È in questa epoca che nacque il termine “mutanda”, che deriva dal latino medievale mutare, ovvero “ciò che si deve cambiare”. Sembra che fu Caterina de’Medici, moglie di re Enrico II di Francia, ad introdurre l’uso di mutande strette e attillate per celare le parti intime durante le passeggiate a cavallo. E fu sempre lei ad introdurre l’uso dei mutandoni, caduti poi in disuso nel XVII secolo, tornando in voga nell’Ottocento lunghi fino alle caviglie per poi accorciarsi sempre di più fino a diventare calzoncini.
Le mutande, chiamate poi “braghesse”, divennero ben presto un vero e proprio strumento di seduzione. Venivano confezionate con tessuti d’oro e d’argento, ornate da ricami e pietre preziose. Chi le indossava eccedeva, dunque, in frivolezza e libertà di costumi, tanto che la Chiesa le combatteva ritenendole un capo osceno e libidinoso. Ad un certo punto le donne nobili iniziarono a bandirle dal proprio guardaroba poiché erano diventate l’emblema del mestiere delle prostitute, tanto che all’inizio del ‘700 le portavano solo 3 nobildonne su 100. Negli anni successivi, però, tornarono a diffondersi fino ad essere utilizzate anche dalla gente comune.
Ma fu durante il Rinascimento che comparvero le prime giarrettiere, i corsetti e le famose crinoline, le gabbie da infilare sotto la gonna per gonfiarla. Il corsetto, verrà indossato dalle donne per almeno 400 anni, diventando strumento di tortura e seduzione (in alcuni soggetti fu causa di malformazioni e addirittura di decessi), ma serviva ad esaltare la forma ” a clessidra” che conferiva il tipico vitino da vespa. Nel ‘900 la lingerie divenne molto più comoda, con la nascita del reggiseno nel 1889, grazie a Hermine Cadolle, bustaia di Parigi, mentre le calze divennero un must di questo secolo e segno distintivo di eleganza e ricchezza, tanto che le donne durante la Seconda Guerra Mondiale si disegnavano una riga sul polpaccio per far credere di indossarle.
Nel dopoguerra la biancheria intima fu completamente sdoganata ed iniziò ad essere addirittura ostentata, basti ricordare la celebre foto di Marilyn del 1954 o lo spogliarello di Sofia Loren nel film “Ieri, oggi e domani”. Fino ad arrivare ai giorni nostri dove la lingerie viene continuamente esposta su cartelloni pubblicitari e vetrine di negozi. E pensare che solo pochi secoli fa un mutandone intravisto sotto l’orlo della gonna poteva provocare uno scandalo!
Questo articolo fa parte della rubrica “Archeo Vesuvio“.