Le janare discendono dalla dea Iside? Il mistero del suo culto a Benevento
Lug 05, 2015 - Daniela Galliano
Benevento è per antonomasia conosciuta come la città delle Streghe, avvolta da un alone di fascino e di mistero, ammalia l’immaginario collettivo catturando la fantasia e proiettandola su un piano magico popolato da rituali notturni, da sabba danzati intorno al noce, da pratiche stregonesche e dalla magia nera.
Le radici di questa leggenda affondano nel tardo medioevo ma se volgiamo lo sguardo indietro nel tempo l’attenzione è rapita da un’altra figura dall’aspetto magico-rituale, la dea Iside. Il suo culto è legato alla figura di Domiziano, l’imperatore che per lei ha innalzato un tempio e, che per la devozione che ne nutriva, ha elevato se stesso a un faraone egizio, assimilando la sua figura al figlio della dea, Horus.
I primi simboli che alludono al culto sono due monumentali obelischi gemelli con due iscrizioni geroglifiche scalfite per parte presenti in città, uno conservatosi integro è visibile in piazza Papiniano lungo corso Garibaldi, mentre l’altro frammentario è custodito all’interno delle nuove sale dedicate alle sculture del tempio nel Museo d’arte contemporanea Sannio-ARCOS. Ed è proprio dalla lettura dei geroglifici tra il 1893 ed il 1896 dall’egittologo tedesco Erman si apprende che l’imperatore Domiziano negli anni tra l’88 e l’89 d.C. fece erigere un tempio in onore della dea Iside, proclamandola signora di Benevento.
Nel 1903 durante i lavori per la ristrutturazione della caserma dei carabinieri inglobata nelle strutture conventuali di sant’Agostino, poco distante dal complesso longobardo di Santa Sofia e dall’Arco di Traiano, vennero riportati alla luce ad opera dell’allora direttore del Museo del Sannio, Almerico Meomartini, numerosi reperti riconducibili alla dea Iside e ad altre divinità a lei connesse, Horus, Thot e Apis. Altri reperti furono recuperati anch’essi nel centro cittadino, in piazza Cardinal Pacca e in via Gaetano Rummo, mentre dalla vicina periferia, in località Casale dei Maccabei, nelle vicinanze del fiume Sabato si ricorda il rinvenimento seicentesco della statua raffigurante il toro Apis, collocata in città all’imbocco di viale San Lorenzo.
Nonostante però la grande quantità di sculture ad oggi non è stato ancora individuato il tempio in cui queste erano collocate. Sono state avanzate soltanto delle ipotesi che vedono il santuario nei pressi del luogo in cui furono rinvenuti nel 1903 i numerosi reperti, oppure nei pressi di Piazza Cardinal Pacca, vicino al duomo e quindi all’insula episcopalis di epoca romana, o ancora nei pressi del teatro romano. Sicuramente i due obelischi facevano bella mostra all’ingresso del tempio mentre il dromos, il corridoio che conduceva alla cella in cui era custodito il simulacro della dea, doveva essere fiancheggiato dalle statue di falco raffiguranti Horus e dalle sfingi (tre di queste sono invece esposte al Museo Barracco a Roma).
Dal lontano Egitto la dea Iside si è spinta fino a Benevento passando dapprima per Pozzuoli e Pompei. Santuari legati ad Iside e al suo seguito si trovano infatti nelle due città costiere rispettivamente datati al II secolo a.C, il Tempio di Serapide e di poco posteriore l’Iseo a Pozzuoli, mentre il Tempio di Iside di Pompei, l’unico meglio conservato in Italia, è pressappoco contemporaneo al Serapeo puteolano. Altre testimonianze del culto in Campania sono attestate ad Ercolano e Napoli, oltre che, di tipo minore, a Cuma, Capua e Carinola in provincia di Caserta, mentre scarne attestazioni si riconoscono anche a Miseno e Teano.
Ma chi è Iside e cosa ha spinto la dea sino a noi, in Occidente? Iside è sorella e moglie del fratello Osiride, con cui genera Horus. Osiride fatto a pezzi da suo fratello Seth verrà ricomposto proprio da Iside, che resuscitandolo prenderà le sembianze di un bue, Apis, sembra infatti verosimile che il culto di Serapide sia da legare a Osir-Apis. E’ la maggiore divinità femminile egizia, madre e sposa, legata altresì alla magia e all’oltretomba, all’agricoltura e protettrice dei naviganti per i viaggi alla ricerca delle membra del marito. Ed è per questo che durante i numerosi spostamenti soprattutto commerciali con Delo, isola cosmopolita dell’Egeo, i mercanti campani, a partire dal II secolo a.C., entrano in contatto con il culto della dea. Da qui l’attributo della nave e la venerazione sotto forma di “Iside-Pelagia” o “Iside della Vela”.
L’Iseo di Benevento è inoltre legato all’Iseo Campese di Roma, restaurato nell’80 d.C. proprio da Domiziano e siccome la città era attraversata dalla via Appia che da Roma conduceva a Brindisi, testa di ponte con l’Oriente, è probabile che sia stata scelta come punto d’incontro tra Roma e l’Egitto e che l’imperatore elevandosi a un dio abbia scelto di somigliare a suo figlio Horus. Il culto di Iside nei secoli si è mescolato e sovrapposto con la leggenda delle streghe sino a che nel tardo medioevo non venne soppiantato dai dettami religiosi della cristianità che hanno portato lentamente a cancellarne il ricordo.
Questo articolo fa parte della rubrica di Archeologia Vesuviana.
BIBLIOGRAFIA:
Massimiliano NUZZOLO: “Benevento l’Iseo dimenticato e le Streghe del Sannio”, in FormaUrbis , 2011; Massimiliano NUZZOLO: “Misteri a Benevento”, in Archeo 326 Aprile 2012, pp. 94-101; Antonio Vito SIRAGO: “ Il culto di Iside e Benevento” , in Samnium, anno 60, n. 3-4 (1987), pp. 115-138; Marina R. TORELLI: Benevento Romana, Roma 2002, pp. 185-201; Giovanni VERGINEO: “I culti orientali in Campania nelle testimonianze archeologiche”, in Salternum, Anno XIV, Numero 24-25, Gennaio-Dicembre 2010, pp. 29-46.
SITOGRAFIA:
https://it.wikipedia.org/wiki/Bue_Apis; Chiara LOMBARDI: Iside “Grande di magia” e le Janare del Sannio.Ipotesi di una discendenza. (https://unior.academia.edu/ChiaraLombardi); GOOGLE MAPS (per l’immagine satellitare).