Conosciuta da tutti soprattutto per l’Aeroporto internazionale che essa ospita, peraltro il più grande dell’Italia Meridionale, Capodichino è in realtà un’antica collina e ha rappresentato in passato una delle strade principali per raggiungere l’entroterra napoletano attraverso l’accesso di Porta Capuana.
Ma vediamo da dove deriva la sua denominazione. Ebbene il nome “Capodichino” ha origini medievali e farebbe riferimento alla cima delle sue alture su cui si saliva, appunto, per raggiungere l’ingresso alla città di Napoli. Esso deriva, infatti, dal latino Caput Clivii – sommità della salita – la cui volgarizzazione, avvenuta nei secoli successivi, ha mutato il toponimo in Caput de Clivo e Capo de Chio fino alla contrazione nell’attuale denominazione.
Notizie attestanti il toponimo risalgono già all’anno 877 negli atti della traslazione del corpo del vescovo di Napoli Santo Atanasio, da Montecassino a Napoli. Qui è menzionato il nome di “Clivum” di “Caput de Chio” “de Chiu” e “Clivu.” Lo troviamo inoltre in un documento datato il 16 ottobre 1342 in cui è citata la donazione da parte della Regina Sancia, moglie di Roberto d’Angiò al Monastero del “Corpo di Cristo”, oggi “Santa Chiara”, di un pezzo di terra situato in un luogo detto “Capo de Chio”. Altre notizie risalgono al periodo della dominazione spagnola in cui il Vicerè Don Pedro Giron operò delle trasformazioni alla strada. Capodichino ci viene descritta, infatti, come fitta di vegetazione tanto da essere inaccessibile e pericolosa da percorrere per la presenza di briganti. Nel periodo della dominazione borbonica ci furono ulteriori modifiche e livellamenti della strada. Gioacchino Murat nel 1808, proclamato re di Napoli, continuò l’opera di riforma di Giuseppe Bonaparte con una serie di lavori tra i quali il Campo di Marte, un vasto terreno destinato alle esercitazioni militari su imitazione del Campo Marzio di Roma. Per tale scopo la collina fu ridotta quasi interamente a pianura.
E voi lo sapevate?