“Trabocca di vivi e di morti. C’è il famoso Corradino di Svevia, decapitato il 29 ottobre del 1268 […] Ci sono i roghi del 1346, sui quali bruciarono vivi, tossendo impeccabilmente dietro la mano guantata, il Gran Siniscalco del Regno e il conte di Terlizzi. Ci sono le innumerevoli vittime della forca e del ceppo situati stabilmente qui, da Landolfo e Giacomo della Polla (1348) fino ai liberali del 1799”.
È facile capire che il luogo di cui Giuseppe Marotta scrive nel suo libro “Gli alunni del sole” è piazza del Mercato, uno dei più affascinanti Luoghi di Napoli, o com’è semplicemente conosciuta dai napoletano: piazza Mercato.
È uno dei posti storici più importanti del capoluogo campano e un tempo era chiamato “Campo del Moricino” per la presenza di mercanti orientali. Occupava l’area confinante con le mura greco-romane, con il complesso di Santa Maria la Nova e il Lavinaio. Dopo l’uccisione di Corradino di Svevia, questo luogo divenne sedi delle esecuzioni capitali. Infatti nella piazza furono posti due patiboli e un cippo in maniera permanente. Nonostante questo, Carlo I d’Angiò cercò di valorizzare l’area trasferendovi, nel 1270, il polo commerciale di piazza San Gennaro all’Olmo e di San Gaetano e facendovi costruire anche la chiesa di sant’Eligio e di Santa Maria del Carmine. La piazza fu, così, prima chiamata del mercato di Sant’Eligio e poi semplicemente del Mercato. Nel 1346 furono condotti in questa stessa area Roberto Cabano, Gran Siniscalco del Regno, Raimondo Cabano e il conte di Terlizzi per essere bruciati vivi poiché accusati dell’omicidio di Andrea d’Ungheria, marito della regina Giovanna I. Nel 1647 fu proprio questo luogo a fare da sfondo alla rivolta napoletana guidata da Masaniello, che scelse un posto dove aveva trascorso tutta la sua vita, per radunare la folla e ribellarsi al malgoverno spagnolo. Oggi, in sua memoria, all’esterno della casa dove visse è murata un’epigrafe che recita: “In questo luogo era la casa dove nacque il XXIX giugno MDCXX Tommaso Aniello D’Amalfi e dove dimorava quando fu capitano generale del popolo napoletano”.
Dopo la peste del 1656, questo luogo fu utilizzato anche come cimitero. Nelle fosse del grano situate al centro dell’area e usate dai commercianti, furono gettati i corpi dei malati e le relative croci che i familiari vi ponevano sopra. Anche se dopo un centinaio di anni le croci scomparvero, per evitare che la zona fosse profanata vi fu costruita sopra una chiesa detta del Purgatorio. Sotto Ferdinando IV di Borbone la piazza fu distrutta da un incendio, ma il re diede all’architetto di corte, Francesco Securo, il compito di ricostruirla. Nel 1799 questo luogo fu scelto ancora una volta per l’impiccagione di coloro che avevano sostenuto la Repubblica Napoletana. La piazza fu poi danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e fu vittima della speculazione edilizia diffusasi a Napoli subito dopo il conflitto, con la costruzione del cosiddetto palazzo Ottieri. Ancora oggi, nel bene e nel male, pochi sono i luoghi che possono raccontare attraverso le proprie pietre, rovine e strade, la storia di una città. Di sicuro Piazza Mercato racchiude in sé la Napoli del passato, del presente e forse anche del futuro.
Fonti: Bartolomeo Capasso, Alfonso Beatrice, “La piazza del Mercato di Napoli e la casa di Masaniello rimembranze storiche di un napoletano”, Napoli, Popolo d’Italia, 1868.
Agnese Palumbo, Maurizio Ponticello, “Il giro di Napoli in 501 luoghi”, Roma, Newton Compton, 2014
Sosio Capasso, “Vendita dei Comuni e vicende della Piazza Mercato a Napoli”, Caserta, Istituto di studi Atellani.