A Napoli, si sa, il legame tra vita e morte si tinge di colori ed usanze particolari. In alcuni luoghi queste due componenti si fondono fino a diventare inscindibili.
C’è un posto, nella Napoli sotterranea, da cui derivano parti della città: situata a 42 metri di profondità sotto la collina cimiteriale di Santa Maria del Pianto, c’è una cava tufacea. Da essa i Greci, nel IV secolo a.C., ritagliavano il tufo da utilizzare per costruire le mura che avrebbero protetto la colonia di Neapolis.
I segni della loro presenza sono ancora lì sotto: una miriade di graffiti, alcuni dei quali sono semplici segni per il distacco del tufo, altri invece di pregevole bellezza, altri ancora – successivi – rappresentano dei monogrammi cristiani che la arricchiscono in senso devozionale, lasciando intravedere l’evoluzione della storia e del culto illustrata sulle pareti della cava.
Al di sopra di questa piccola galleria “a groviera” si trovano il cimitero e laChiesa di Santa Maria del Pianto.
Nel 1656 una violenta pestilenza flagellava Napoli. I decessi erano molto elevati, addirittura raggiungevano punte di 1.000 al giorno. Era necessario contenere l’epidemia e dare degna sepoltura ai defunti fuori dalla cinta muraria della città. L’area di Poggioreale, di 28.000 metri quadrati, sembrava il luogo adatto. Ancora in tempi recenti, il cimitero ha ospitato delle sepolture di chi, come Totò, la sua Napoli l’ha fatta conoscere a tutti, l’ha portata nel mondo.
Nell’area cimiteriale venne edificata anche la Chiesa di Santa Maria del Pianto, in cui i fedeli avrebbero potuto pregare per le anime degli amati scomparsi e mantenere un legame con loro, in quel luogo di pace lontano dalla frenetica vita quotidiana.
La struttura a croce greca, dall’esterno baroccheggiante, fu edificata alla fine del Seicento. La facciata è costituita da un avancorpo inquadrato da due coppie di pilastri che sorreggono il frontone alla sommità; al centro, il monumentale portone è sovrastato da un finestrone rettangolare. Ai lati, due torri campanarie speculari si innalzano sulla copertura dell’edificio, slanciando il complesso verso l’alto.
All’interno, la Chiesa di Santa Maria del Pianto ospitava opere di Andrea Vaccaroe di “Luca Fapresto”, soprannome che fu dato a Luca Giordano proprio in questa sede poichè dipinse le tele della crociera, preso da furore artistico, in soli due giorni.
Tali pregevoli opere, tuttavia, oggi non sono più nella Chiesa di Santa Maria del Pianto. Quelle di Giordano sono conservate presso la Pinacoteca di Capodimonte, mentre quelle di Vaccaro nell’ “Appartamento Storico” del Palazzo Reale di Napoli.
Le tele sono state traslate dalla Chiesa di Santa Maria del Pianto a causa del cattivo stato di conservazione in cui versava: nel 2010, infatti, già il cimitero aveva cominciato a dare segni di cedimento causati dalla sottostante cava e dai vuoti di materiale in essa presenti.
Nel 2012, poco prima del Santo Natale, anche la Chiesa di Santa Maria del Pianto ha cominciato a dare segni di cedimento, soprattutto nell’area della cupola.
Per questo motivo è stata chiusa al pubblico ed ancora oggi si erge silenziosa nel cimitero, mentre invecchia sotto gli occhi di tutti. La sua facciata si è ingrigita, riempiendosi di piccole e grandi crepe che le solcano il bel volto come rughe, mentre attende che quegli interventi di restauro, già finanziati, siano avviati ed accorrano in suo aiuto, restituendole dignità.
Intanto resiste tra noi, ancora non si arrende: la Chiesa di Santa Maria del Pianto viene talvolta aperta, in occasioni particolari che i suoi fedeli aspettano con devozione per poterne respirare ancora l’anima, per potersi ancora dolere delle proprie perdite e sentirsi tutti un pò più vicini. In un luogo, questo, importante proprio per la sua funzione consolatrice, che speriamo sia presto restituito ai suoi devoti.
Questo articolo fa parte della rubrica sulle Chiese di Napoli .”Napoli, la città delle 500 cupole”.