Il Vomero: da villaggio agricolo a quartiere chic

La collina del Vomero in un dipinto di Frans Vervloet (1795)


La magia del panorama, le grandi ville e le variopinte palazzine residenziali nell’elegante stile tardo Liberty; la vivacità dei parchi e delle vetrine dei prestigiosi negozi e delle attrattive sempre più crescenti fanno oggi del Vomero uno dei quartieri più chic e ambiti di Napoli.

Già dal principio della sua più massiccia urbanizzazione e saldatura con la città – negli ultimi decenni dell’800 – esso fu concepito, infatti, come un quartiere residenziale destinato alle classi nobiliari e anche a quelle regali in seguito all’acquisizione di una villa da parte di Ferdinando I di Borbone: l’attuale Floridiana (1817).
In realtà la tendenza, poi accentuatasi nel corso del Settecento, da parte dell’aristocrazia cittadina a costruirsi una seconda residenza al Vomero risale a molto tempo prima, tanto che durante la peste del 1656, si attesta che la collina venne utilizzata come rifugio da parte della nobiltà e del clero.
Ma prima di allora la collina del Vomero con i suoi piccoli villaggi e casali costituiva una periferia agricola, per la maggior parte disabitata e lontana dalla città di Napoli.

Nel periodo romano, ma già in epoca greca, dal Vomero scendevano a valle torrenti d’acqua ed era attraversato dalla Via Neapolim Puteolis per colles, che lo collegava, per l’appunto, alle città di Neapolis e di Puteoli. Il tratto di questa via che attraversa la collina era detto Via Antiniana (molto probabilmente perché vi si trovava una villa dell’imperatore Antonino). Il tronco di questa via, che corrisponde, attualmente, alla Via S. Gennaro ad Antignano, vide verificarsi intorno al IV secolo d.C. il primo miracolo della liquefazione del sangue di San Gennaro.

Frans_Vervloet 1795

La collina del Vomero in un dipinto di Frans Vervloet (1795)

Ma veniamo al suo toponimo attuale, il Vomero. In origine la collina era chiamata Colle del Paturcium (si presume da Patulcius, un aggettivo che i romani associavano a Giano, il dio a cui la collina era dedicata) e nell’alto Medioevo, per corruzione linguistica, Patruscolo o Patruscio. Il toponimo che tutti adoperiamo oggi è invece attestato alla fine del Cinquecento, tuttavia riferito non all’intera collina ma ad un antico casale di essa, e trae origine dalla sua antica vocazione agricola e al gioco del “vomere”. Un passatempo contadino, quest’ultimo, praticato durante i giorni festivi che sanciva come vincitore chi, con il vomere (la lama) dell’aratro, avesse tracciato un solco quanto più possibile dritto; un curioso intrattenimento per il quale accorreva ad assistere un gran numero di persone dalla città.
Inoltre la fertile attività legata ai suoi campi e la gran messe di verdure coltivate gli valsero per secoli il soprannome di Collina dei broccoli. Ancora oggi è possibile udire dai napoletani, infatti, l’appellativo scherzoso “Pere ‘e vruoccole” (Fascio di broccoli) con il quale si usava apostrofare i vomeresi.

Monumenti da visitare:
Museo e Certosa di San Martino
Castel Sant’Elmo
Villa Floridiana


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