Napoli – La canzone napoletana è sempre stata la manifestazione della poesia della nostra terra. Ci sono canzoni che è impossibile non conoscere, che da sole possono rappresentare a pieno l’arte di un popolo. “Carmela” è una di queste. A differenza di molte altre opere iconiche, questa è particolarmente recente: venne scritta dal poeta Salvatore Palomba e musicata ed interpretata da Sergio Bruni nel 1976. Molti, infatti, l’hanno definita il passaggio fra la canzone napoletana classica e la moderna.
La poesia composta da Palomba è questa:
Stu vico niro nun fernesce maie
E pure o sole passa e se ne fuje
Ma tu stai lla, tu rosa, preta e stella:
Carmela.
E chiagne sulo si nisciuno vede
E strille sulo si nisciuno sente
Ma nun è acqua ‘o sanghe dint’ ‘e vvene
Carmela.
Si ll’ammore è ‘o ccuntrario d’a morte
E tu ‘o ssaie,
si dimane è sultanto speranza,
e tu ‘o ssaie.
Nun me può fa’ aspettà fino a dimane:
astrigneme int’ e braccia pe stasera,
Carmela. Carmè.
Possiamo notare che il tema sembrerebbe essere il classico delle canzoni napoletane più amate: il poeta desidera una donna, in questo caso Carmela, che però sembra reticente all’amore. Carmela, come tante muse, prova quello che prova l’amante ma si trattiene, aspetta, si priva da sola del piacere nonostante il sangue che le scorre nelle vene non sia acqua e pulsi d’amore. Eppure, il vero significato della canzone non è così semplice e banale.
Come lo stesso Salvatore Palomba ha raccontato in seguito Carmela non è soltanto una donna, ma rappresenta tutta Napoli. La speranza del poeta non è di raggiungere le braccia dell’amata, ma che la città da lui amata possa rialzarsi, possa vedere la luce dopo il “vico niro” nel quale è sprofondata. Se è vero che l’amore è il contrario della morte, come recita la canzone, è a quello che la città deve aggrapparsi per tornare a vivere: all’amore della sua gente, non alla morte sociale voluta da pochi.
Lo stesso verso che recita “tu rosa, preta e stella” potrebbe raffigurare i vari aspetti di Napoli: la rosa simbolizza la dolcezza, l’amore del nostro popolo, il lato umano ed emotivo; la pietra è il suo lato duro, testardo, quel peso che trascina in basso; la stella è la smisurata bellezza, è la potenzialità inespressa, la luce che potrebbe davvero emanare.
Bruni non cantò l’amore di un uomo, ma l’amore di un popolo, la speranza nei confronti di un domani che, negli anni ’70 e ’80, sembrava così lontano per i napoletani. Forse, oggi la situazione sta migliorando: Carmela chiagne sulo si nisciuno vede, ancora, ma la sua voce, quando urla, ha iniziato a farsi ascoltare ed a far paura.
Qui di seguito un’intervista a Salvatore Palomba del canale Tarantelluccia:
Qui, invece, la canzone interpretata da Sergio Bruni: