“Si avisse fatto a n’ato
chello ch’e fatto a mme
st’ommo t’avesse acciso,
tu vuò sapé pecché?
Pecché ‘ncopp’a sta terra
femmene comme a te
non ce hanna sta pé n’ommo
onesto comme a me!”
“Malafemmena”, un termine dialettale (italianizzato in “malafemmina”) il cui significato non si esaurisce solo a quello strettamente letterale, ovvero prostituta, donna di malaffare ma che racchiude in sé un concetto ben più ampio: la malafemmena è una donna che sentimentalmente genera grande ed indescrivibile sofferenza nel cuore dell’uomo che l’ha amata fortemente, dilaniato dai suoi comportamenti poco corretti, altamente discutibili ed assolutamente non consoni alla vita di coppia, che non fanno altro che alterare l’equilibrio della relazione stessa. Insomma, una sorta di “bella e dannata” , una persona cinica che, a causa della sua indole ingannatrice, incute notevoli e grandi pene all’altro, pensando solo al suo benessere.
Persino il grande ed indimenticabile Totò, pur avendo avuto molte donne al suo fianco, è stato segnato profondamente dall’immenso dolore provocatogli dall’unica donna che ha amato davvero, per sua sfortuna una vera e propria malafemmena. In seguito a questa triste esperienza, nel lontano 1951, ha scritto di getto una delle più belle, celebri e struggenti canzoni del repertorio musicale napoletano, intitolata proprio “Malafemmena”. Redatta interamente in lingua napoletana, che rende sicuramente bene i concetti, l’attore ha voluto esprimere attraverso parole mirate, a tratti pungenti, incisive e talvolta tenere, tutto il suo strazio amoroso. Nel testo infatti prevalgono parole ed espressioni forti, incisive, a cui si alterano di tanto in tanto parole dolci nei confronti della malafemmena, non mancano infatti elogi alla donna, nonostante tutto: “Femmena, tu si ‘a cchiù mbella femmena, te voglio bene e t’odio nun te pozzo scurdà… Te voglio ancora bene Ma tu nun saie pecchè pecchè l’unico ammore si stata tu pe me…”.
Si trovava a Formia, per girare le scene di uno dei suoi tanti film, quando trovò l’ispirazione per stilare le prime strofe del brano: al suo autista, il primo a cui fece leggere le graffianti parole trascritte all’istante su un pacchetto di sigarette, non piacque affatto. In effetti non era riuscito a coglierne il vero e profondo significato. Probabilmente solo chi ha sofferto tanto e dannatamente per amore lo avrebbe colto al volo. Sicuramente molti, di generazione in generazione, si sono immedesimati e rispecchiati nella tematica della canzone e probabilmente solo un’artista del suo calibro avrebbe potuto dar vita ad un capolavoro del genere.
Fu Giacomo Rondinella a portare la canzone al successo, in seguito alla sua prima presentazione al concorso “La Canzonetta” di Piedigrotta, cantata da Mario Abbate ed incisa su disco Vis Radio. Tra i numerosi interpreti della canzone, ricordiamo in particolare: Roberto Murolo, Mario Merola e Claudio Villa e Remato Carosone. Nell’immaginario collettivo, inizialmente, si pensava erroneamente che fosse stata dedicata alla donna che si era rifiutata di convolare a nozze con lui, ovvero Silvana Pampanini, miliardaria attrice che aveva conosciuto sul set del film “47 morto che parla”. Solo dopo tantissimo tempo, sua figlia Liliana de Curtis dichiarò la vera identità della malafemmena: con grande stupore, tutti appresero che si trattava di Diana Bandini Lucchesini Rogliani, madre della ragazza nonché moglie dell’attore. D’altronde sulla dedica che accompagnava l’incisione inviata alla SIAE compariva espressamente la scritta “A Diana”. Il motivo di tale “accanimento” contro la donna? Dopo la separazione in casa, i due coniugi si fecero una chiara promessa: lei non avrebbe dovuto lasciare la casa prima che la figlia compisse diciotto anni ma venne subito meno, sposando un altro uomo. Fu così che tradì di gran lunga la sua fiducia, su cui si fonda ogni rapporto, fondamentale e vitale, molto difficile da conquistare ma che purtroppo può essere infranta in un battibaleno. Non a caso ha scritto: “Femmena tu si na malafemmena chist’uocchie ‘e fatto chiagnere… Lacreme e ‘nfamità. Femmena, si tu peggio ‘e na vipera, m’e ‘ntussecata l’anema, nun pozzo cchiù campà”.
Nel video in calce, scorrono le immagini di Totò profondamente commosso, col volto a tratti costernato dalle lacrime, che spiega com’è nata la canzone. Da ricordare che la figura della malafemmena ha ispirato anche un film del 1956, intitolato “Totò, Peppino e… la malafemmina” e che Liliana De Curtis ha scritto insieme a Matilde Ambrosi (biografa della famiglia De Curtis) un romanzo, con lo stesso titolo del brano, che narra l’immenso amore dei genitori, caratterizzato dall’intensa passionalità.
Fonti:
Antoniodecurtis.com/canzoni/