Giovanni Boccaccio, amore e cultura nella gloriosa Napoli del Trecento
Mar 23, 2015 - Maria Vittoria Romano
Giovanni Boccaccio, illustrissimo letterato italiano del Trecento, autore di inimitabili opere, abile sperimentatore di generi letterari, ha trascorso la sua intera adolescenza a partire dal 1327 nella gloriosa Napoli del Trecento. L’esperienza nella città partenopea è stata decisamente la più importante per l’evoluzione artista dell’autore. In gran parte delle sue opere infatti, ritroviamo descrizioni di scorci napoletani di strade, vicoli, sentimenti, personaggi. Proprio a Napoli Boccaccio scrive opere come il Teseida, il Filocolo, il Filostrato e la Caccia di Diana.
Nonostante la premura del padre di indirizzarlo verso studi giuridici, il giovane letterato studia da autodidatta ed entra nell’entourage della corte angioina. Sarà proprio in questo ricco ambiente culturale che conoscerà la sua musa ispiratrice, la donna alla quale destinare il suo amore: Fiammetta. Ma chi è Fiammetta? Molto probabilmente è la figlia stessa del sovrano Roberto D’Angiò, Maria d’Aquino con lo pseudonimo di madonna Fiammetta. Insomma Napoli ha giocato un ruolo fondamentale per lo sviluppo letterario del Boccaccio: gli ha donato l’ispirazione poetica e amorosa.
La sua opera più importante, il Decameron, raccoglie una serie di novelle tra le quali diverse sono ambientate a Napoli e nelle zone limitrofe. Nella novella quinta della seconda giornata dedicata alle storie di coloro che per fortuna e non per industria terminano le peripezie con il lieto fine, ritroviamo la descrizione della metropoli napoletana di notte con le sue strade, i vicoli ed anche i suoi pericoli.
Il protagonista è Andreuccio da Perugia, un giovane mercante che recatosi a Napoli con l’intenzione di comperare dei cavalli con cinquecento fiorini viene invece derubato con l’inganno da una vecchia donna e sua figlia che si fingono sue parenti. Ma questo non è l’unico “accidente” che ostacola il soggiorno del povero Andreuccio a Napoli. Il giovane difatti costretto a girovagare senza soldi, nudo e puzzolente tra i vicoli bui incontra due ladruncoli che lo costringono a partecipare al loro piano criminale: rubare un prezioso anello di un vescovo defunto in un sepolcro. Dopo una serie di disavventure, il protagonista diventa scaltro, riesce a sfuggire dai ladri e ritorna a casa con un ricco bottino di gioielli. Questa novella rispecchia in pieno l’atmosfera napoletana del Trecento, molto simile a quella odierna. In particolare il Boccaccio si sofferma sul vociare popolare, le grida di Andreuccio ritenute moleste dai condomini nel profondo della notte scatenano goliardiche scenate tipiche napoletane.
Ma l’influsso della città sulle opere dell’autore non si condensa solo in questa esperienza, anzi tante altre novelle all’interno del Decameron sono ambientate a Napoli! Possiamo citare la novella di Madonna Beritola (novella sesta seconda giornata), Ricciardo Minutolo (novella sesta terza giornata), Elisabetta da Messina (novella quinta quarta giornata), Peronella (novella seconda settima giornata), Niccolò da Cignano (novella decima giornata ottava) ed infine quella di Gian di Procida (novella sesta giornata quinta).
Analizzando le altre opere del Boccaccio, possiamo notare come nel quarto libro del Filocolo l’autore dia grande importanza alla presenza della tomba di Virgilio a Napoli, come segno della continuità classica ed ancora ritroviamo descrizioni napoletane nell’Elegia di Madonna Fiammetta e in varie Epistole tra le quali è presente una lettera scritta in Lingua Napoletana! Questa epistola è importantissima a livello linguistico per comprendere le caratteristiche e le trasformazioni linguistiche del napoletano parlato del Trecento. La lettera, indirizzata a Franceschino dei Bardi residente a Gaeta, informa il destinatario che è divenuto padre di un figlio maschio, partorito a Napoli dalla sua amante Machinti. È l’unica testimonianza di un intellettuale fiorentino che scrive cercando di imitare il Napoletano con differenti ipercorrettismi.
Insomma è ancora Napoli il centro della cultura, una vera e propria metropoli fin dagli albori del Trecento. Sarà proprio nella città partenopea che d’altronde Boccaccio conoscerà gli scritti di Dante ed in particolare la Commedia.
Questo articolo fa parte della rubrica “I figli illustri di Napoli“.