“Puozze sculà” e “puozze schiattà”! Come nascono queste espressioni napoletane?


La più tremenda ed impronunciabile maledizione napoletana è sicuramente: “puozze sculà“. L’agghiacciante imprecazione può essere tradotta in “Possa tu colare“, ossia, “possa tu essere collocato, da cadavere in apposito sedile forato in basso in modo da far colare i tuoi fluidi corporei, lasciando le tue spoglie progressivamente essiccarsi e trasformarsi in una mummia“. Un”augurio” sicuramente peggiore di quello della morte stessa.

Questa frase dialettale, usata a Napoli e provincia, ha origini antichissime. Risale al periodo compreso tra il IX e il XVIII secolo, in cui la sepoltura veniva effettuata anche nelle chiese, in appositi ipogei. I cadaveri venivano seduti sulle “cantarelle“, sedili in pietra forati che lasciavano colare gli umori della salma, con la testa appoggiata in una fessura scavata nel tufo. Questa operazione veniva chiamata “sculatura“, invece quando poi i corpi non “scolavano” allora si gonfiavano e “schiattavano“. Da qui l’altra locuzione: “puozze schiattà“.

Il Meridione e, in particolare, Napoli, conserva le testimonianze della pratica della “doppia sepoltura”, costituita dalla presenza di un putridarium, comunemente noto come scolatoio oppure dalle terresante. In Campania ce ne sono diversi, tra quelli più noti ricordiamo quelli della chiesa del “Munacone” (S. Vincenzo alla Sanità ), quelli di Sant’Agostino alla Zecca a Forcella, quelli nelle catacombe di San Gaudioso, nel seminterrato scoperto fra via Santa Maria Antesaecula e vico Maresca e quelli della chiesa di Sant’Anna a Puccianiello (Caserta).

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Scolatoi ipogei della chiesa di Sant’Agostino alla Zecca

Ma quelli più conosciuti e sicuramente più suggestivi sono quelli di Ischia, conservati in un ambiente sotterraneo del Castello Aragonese, nel quale si ha la sensazione di stare faccia a faccia con la morte. Noto come il “Cimitero delle Clarisse“, si trova nei sotterranei del Convento dell’omonimo ordine monastico, fondato nel 1575. Le monache erano solite fare visita ogni giorno alle sorelle defunte, per meditare sulla morte e sulla caducità dell’esistenza, infatti assistere alle fasi di decomposizione del cadavere doveva far riflettere sulla fragilità del corpo e sull’importanza di curare e nutrire lo spirito. Il Cimitero delle Clarisse è una sorta di Purgatorio, uno spazio intermedio tra la vita e la morte, e la scolatura era il rituale di passaggio dell’anima prima di ascendere al Regno Celeste. La pratica della scolatura restò in uso, soprattutto nel Meridione, fino al XX secolo, quando interventi più severi sull’igiene la abolirono del tutto.

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Scolatoi “Cimitero delle Clarisse”, Ischia.

Fonti:

Gennaro Aspreno Galante, Guida sacra della città di Napoli, Napoli, Fibreno, 1872. Ed. consultata: (a cura di Nicola Spinosa), Napoli, Società editrice napoletana, 1985; Robert Hertz, Contributo alla rappresentazione collettiva della morte, 1907; www.lacooltura.com.


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