Arriva il caldo e ognuno di noi è spinto, frettolosamente, a riporre la manica lunga negli scatoloni per indossare i leggeri indumenti estivi. Senza dubbio, è un comportamento suggerito dalla voglia di godere della bella stagione, del sole e del mare, quando si può.
Tuttavia, forse, a volte abbiamo un po’ troppa fretta di sbarazzarci degli indumenti invernali e, illusi dal pensiero che il caldo ormai è arrivato per non andare più via, non prevediamo cambi di temperatura repentini.
Un antico detto napoletano, a tal proposito, dice: “‘O trenta ‘e maggio ‘a vecchia mettette ‘o trapanaturo ô ffuoco”.
Che cosa significa? E com’è correlato alla questione degli indumenti suddetta? Ebbene, traducendo, letteralmente, il proverbio, viene fuori: “La vecchia, il trenta maggio, mise l’aspo sul fuoco”, in cui l’aspo (detto anche trapanaturo) è l’arnese di legno, a forma di scheletro di ombrello, adoperato da chi tesse a maglia, per arrotolare il filo e ridurlo in matasse, per poi riporlo. Mantenendo al centro il bastoncello di legno, con due mani si compie il tipico movimento di chi arrotola, tra mano e gomito, il filo, di chi “annaspa”: annaspare, infatti, è un termine che deriva proprio da questa pratica e prende il significato di “affaticarsi inutilmente”.
In pratica, la vecchia donna, per un abbassamento improvviso delle temperature, il 30 maggio dovette ardere l’aspo, per far calore. Ciò significa che non dobbiamo mai dare per scontato, nelle stagioni di transizione, il mantenimento delle temperature e il buono o il cattivo tempo. E ne è emblema il mese appena trascorso, il quale, a differenza dei maggio passati, ha presentato un clima abbastanza altalenante, con temperature più vicine alla stagione invernale che estiva o primaverile.
Inoltre, c’è da dire, che questo proverbio è adoperato anche sostituendo il 30 maggio con il 30 agosto, ossia: “A vecchia ‘e trenta austo, mettette ‘o trapanaturo ô ffuoco”. In questo senso significherebbe un arrivo precoce delle basse temperature, contro le nostre aspettative. In effetti esiste una disputa sul proverbio e sull’uso effettivo di maggio o agosto come mesi di riferimento. Ma in fin dei conti, le due varianti possono tranquillamente coesistere, essendo entrambe simbolo dello stesso concetto: bisogna aspettarsi sempre un cambiamento, anche quando esso è improbabile secondo le nostre previsioni.