Contrariamente a quanto si possa credere, la celebre espressione “tutto il cucuzzaro”, pronunciata anche dal principe della risata Totò nel film “Totò, Fabrizi e i giovani d’oggi” (1960), non è propria della Lingua Napooletana ma appartiene e viene usata principalmente nel sud e nel centro Italia, in modo diverso a seconda del dialetto locale.
Cosa indica quest’espressione?
Il termine cucuzzaro deriva dalla parola cucuzza – dialetto siciliano e calabrese – o cocozza – dialetto napoletano – e sta ad indicare, in entrambi i casi, la zucca.
Nello specifico, la frase in questione, viene pronunciata durante un antico gioco per bambini chiamato, per l’appunto, “gioco del cucuzzaro”.
Secondo le regole, un bambino viene nominato, attraverso una conta, come cucuzzaro, ovvero come capogioco temporaneo che ha il compito di dare il via alla manche ed assegnare ad ogni partecipante, le cocozze, un numero a piacere a seconda del numero dei partecipanti.
Parla per primo il cucuzzaro, pronunciando ad alta voce una frase del tipo:
“Sono andato nel mio orto e ho raccolto…” – prosegue la frase con un numero, tra quelli assegnati alle cucuzze, a piacere.
La cucuzza nominata (ad esempio la numero due), risponde:
“E perché due?”
E il cucuzzaro:
“Allora quante?”
A questo punto la cucuzza dice un altro numero tra quelli in gioco oppure chiama in causa il cucuzzaro, pronunciando la frase: “tutto il cucuzzaro!”, il quale prosegue scegliendo un altro partecipante al gioco.
Se la cucuzza con il numero chiamato non risponde prontamente, viene eliminata dal gioco o deve pagar pegno.
“Tutto il cucuzzaro”, oltre ad essere una divertente attività ludica, è diventata anche un’espressione d’uso comune per intendere “tutto quanto” o “tutti quanti” in riferimento sia a persone che a cose.