Nella lingua napoletana ci sono innumerevoli modi per offendere o prendere in giro qualcuno: alcuni sono più blandi e scherzosi, altri ben più gravi. Dare della “chiavica” a qualcuno è una delle peggiori offese che si possano dire. Infatti parliamo di una parola che viene usata solo nei casi più gravi.
Così viene apostrofato, prevalentemente, chi ha dato prova di bassezza, chi ha commesso un torto grave ed ingiusto o, in via più generale, ha dato prova di essere una pessima persona. Poche parole napoletane esprimono con altrettanta forza un tale disgusto.
“Chiavica” può essere riferito anche ad oggetti o senzazioni, non solo a persone. In questo caso può avere tantissime varianti diverse: un lavoro o un progetto può venire “‘na chiavica”; un caffè all’estero può essere una vera “chiavica” e chi si sente una “chiavica” probabilmente è influenzato. Insomma, il significato è evidente anche in questi casi, ma cosa significa davvero questa parola?
La “chiavica” è letteralmente uno scolo che raccoglie l’acqua piovana. In genere queste zone erano ricettacoli di piccoli e grandi roditori, schifezze di ogni tipo colate dalle strade ed innumerevoli tipi di batteri. Non stupisce che definire qualcuno così sia tanto grave, conoscendo il vero significato. Resta da capire perché in napoletano si usi questo termine.
Etimologicamente deriva direttamente dal latino “cloaca”, usato ancora oggi per definire gli scoli anche nella lingua italiana. In particolare, il termine napoletano ha origine nella trasformazione del tardo latino di “cloaca” in “clavica”, che sonoramente è già incredibilmente simile alla versione attuale.