In origine fu il latino, poi dal francese e dallo spagnolo si è incuneato sino al napoletano. È la storia linguistica dello scartapelle, anche detto ‘o sciartapelle, colui che scartava e selezionava le vecchie carte, distinguendo quelle non più utilizzabili o consultabili da quelle ormai deteriorate dal tempo e dall’usura.
L’etimologia, infatti, risale al latino scapus chartarum, ovvero fascicolo di carte. Con l’avvicendarsi, in seguito, delle lingue neolatine (o romanze) l’espressione è stata trasferita anche al francese e allo spagnolo. Due lingue ben “conosciute” dai napoletani d’epoca medievale e anche moderna, viste le dominazioni degli Angioini prima e degli Aragonesi poi, fino a Carlo di Borbone.
Con il passare del tempo, però, oltre a cambiare lingua il termine ha in parte modificato anche il proprio significato, o meglio lo ha esteso in generale non solo alle vecchie cartacce ma a tutti gli oggetti in pessimo stato. Oggi, infatti, scartapelle indica proprio l’insieme degli oggetti di cui le persone si disfano, perché non più in condizione da poter essere utilizzati.
C’è, però, una mitologica figura che è in grado comunque di recuperarli o di riutilizzarli, ovvero ‘o sapunaro. Una persona accompagnata perennemente dal suo fedele e insostituibile carretto, nel quale riporre tutti gli svariati oggetti di cui le persone dovevano in qualche modo disfarsi. Per lo più oggetti ingombranti e che oggi andrebbero consegnati presso le isole ecologiche per essere smaltiti secondo procedure ben codificate.
Alla figura dello scartapelle è naturalmente associato anche il verbo scartapellà, che indica appunto l’azione del rovistare tra le vecchie carte, ma anche tra la mobilia antica e persino tra i rifiuti per cercare qualche oggetto ancora in qualche modo recuperabile.
E proprio rovistando tra le vecchie fiabe di un grande autore napoletano della seconda metà del 1500, Giambattista Basile, si può scoprire come nel suo “Lo cunto de li cunti” (anche titolato “Lo gliommero”, ovvero “Il gomitolo”) il termine scartapelle sia chiaramente menzionato: «[…] spampanate, sterliccate, mpallaccate, tutte zagarelle, campanelle e scartapelle, tutte shiure, adure, cose e rose, ecc.».