“Comme facette Scioscia mettette ‘o culo a viento ‘e terra e sciusciaje”, tradotto letteralmente: “Come fece (un tal) Scioscia mise il sedere a vento di terra e soffiò”. L’espressione si riferisce ad un marinaio, chiamato Scioscia, che bloccato in mare dal vento, per dare la spinta alla nave si aiutò soffiando col sedere e facendo da forza motrice. Di questo detto, che si riferisce ad una persona stupida e sciocca, in realtà esistono numerose varianti.
Una di queste è “Comme facettero l’antiche, ca se magnajeno ‘a scorza e rummanettero ‘a mullica“, letteralmente viene tradotta: “Come fecero (alcuni) antichi che mangiarono la crosta (dura del pane) e lasciarono la mollica (cioè la parte morbida)”. Oppure “Comme facette Scioscia, ca se magnaje ‘a tosta e rummanette ‘a moscia”, “Come fece un (tal) Scioscia che mangiò la (parte) dura e lasciò la(parte) morbida” (di ciò che stava mangiando…).
Si tratta di un’antica espressione usata per schernire gli sciocchi dall’innata stupidità, che hanno un atteggiamento sbagliato e addirittura autolesivo come quello di rifiutare cibo morbido, più fresco per assumerne di più duro e stantio. L’origine del detto è un po’ ambiguo, la spiegazione più famosa narra di un tal Scioscia che “se magnaje ‘a tosta e rimanette a moscia”, ma il termine “Scioscia”, potrebbe essere anche il femminile di un termine napoletano “scioscio” derivato probabilmente da quello spagnolo “chocho” e cioè sciocco, scemo, stolto.
Un po’ come il signore di Scandicci che “buttava le castagne e mangiava i ricci“. Ma, come abbiamo detto in precedenza, esistono molte varianti del mito di Scioscia: una di queste vede Scioscia come un eunuco (evirato) che, non potendo unirsi alla propria partner, risolse il problema “sciosciando“, ovvero soffiando nell’orifizio femminile.
Questo articolo fa parte della rubrica dei proverbi e detti napoletani.