La Storia, come essa stessa ci insegna, non è soltanto uno strumento attraverso cui mettere per iscritto gli accadimenti per tramandarli e non dimenticarli, ma anche, e soprattutto, la maniera in cui il Potere racconta la realtà, volgendola a proprio favore, d’altra parte il detto lo conoscono tutti: la Storia è scritta dai vincitori.
Da riscrivere è anche il racconto di Michelina De Cesare, brigantessa nata il 28 Ottobre 1841 a Mignano, in Terra di Lavoro (attuale provincia di Caserta) in una famiglia poverissima e che, rimasta vedova del primo marito, si sposò con Francesco Guerra nel 1862 o 1863 (non è stato trovato un documento comprovante il matrimonio, il quale risulta da testimonianze). Guerra era un militare borbonico che, come tanti altri, non volle tradire il giuramento di soldato a re Francesco II e passare dalla parte dell’esercito nemico, ovvero quello di casa Savoia. Divenne quindi capo di una banda di cui faceva parte anche Michelina e dove la brigantessa, pur essendo donna, ricopriva un ruolo di comando, come dimostrano le armi da lei possedute: una pistola e un fucile a due colpi.
Dai vincitori è stata altresì scritta la storia dell’Unità d’Italia, la quale, alla luce di un sempre più approfondito revisionismo storico con tanto di prove documentate, andrebbe riscritta, pur senza scadere nell’eccesso opposto. Riscritta dovrebbe essere anche la storia del brigantaggio postunitario, descritto ufficialmente come una serie di scorribande compiute da criminali i quali non volevano rispettare l’ordinamento del nuovo Regno d’Italia, e vivevano di omicidi, saccheggi, violenze.
Il brigantaggio, invero, era un fenomeno molto presente da tempo nel Regno di Napoli prima, nel Regno delle Due Sicilie poi, e che fu combattuto, naturalmente, pure dai sovrani borbonici perché si trattava spesso di fuorilegge che vivevano di razzie. Quando fu fatta l’Unità d’Italia, invece, agli ex soldati dell’Esercito delle Due Sicilie che non vollero tradire passando nel Regio Esercito Italiano, e alle persone comuni che si opposero all’invasione piemontese, i quali tutti presero le armi per combattere una vera e propria guerra civile per restaurare l’indipendenza del Regno delle Due Sicilie, fu dato l’appellativo di “briganti” per screditarli presso l’opinione pubblica, agli occhi delle altre nazioni straniere, davanti agli stessi abitanti dell’Italia meridionale. Il risultato è che ancora oggi si crede il brigantaggio postunitario fu delinquenza, e non che i “briganti” siano stati donne e uomini che combatterono per la propria Patria.
Visto che l’Esercito Italiano non riusciva a sconfiggere i briganti, che controllavano vasti territori, rischiando seriamente di essere ricacciato, fu di nuovo intrapresa un’operazione di corruzione attraverso denaro e privilegi, lo stesso metodo che portò al tradimento di vari ufficiali e politici borbonici nel 1860/1861. A tradire Michelina De Cesare fu il cugino Giovanni, che portava il suo stesso cognome e condusse i soldati al loro nascondiglio. Lì furono sorpresi nel sonno e uccisi Francesco Guerra e Michelina, e i loro corpi furono denudati, fotografati e messi in mostra nella piazza principale della città.
Dai documenti fotografici si può guardare il corpo di Michelina con evidenti tumefazioni e segni di percosse, tanto da poter essere ipotizzabile che ella sia stata ammazzata dopo aver subìto delle torture. La storiografia ufficiale, invece, si basa sul racconto dei soldati dell’Esercito Italiano:
“Erano le 10 di sera, pioveva a dirotto ed un violentissimo temporale accompagnato da forte vento, da tuoni e lampi, favoriva maggiormente l’operazione, permettendo ai soldati di potersi avvicinare inosservati al luogo sospetto; da qualche tempo si stavano perlustrando quei luoghi accidentati e malagevoli perché coperti da strade infossate, burroni ed altri incagli naturali, già si perdeva la speranza di rinvenire i briganti, quando alla guida venne in mente di avvicinarsi a talune querce che egli sapeva alquanto incavate, ed entro le quali poteva benissimo nascondersi una persona”.
Quindi, trovati Francesco e Michelina:
“Afferratone uno pel collo, lo stramazza al suolo e con lui addiviene ad una lotta a corpo a corpo, finché venne dato ad un soldato di appuntare il suo fucile contro il brigante e di renderlo cadavere…Quel brigante fu subito riconosciuto pel capobanda Francesco Guerra, ed il compagno che con lui s’intratteneva, appena visto l’attaccò, tentò di fuggire; una fucilata sparatagli dietro dal medico di Battaglione Pizzorno lo feriva, ma non al punto di farlo cadere, che continuando invece la sua fuga, s’imbatteva poi in altri soldati per opera dei quali venne freddato. Esaminatone il corpo, fu riconosciuto per donna e quindi per Michelina Di Cesare druda del Guerra”.
Secondo tale racconto di parte, Francesco fu ucciso nonostante potesse essere immobilizzato, data la superiorità numerica dei soldati italiani, mentre Michelina fu sparata alle spalle, ferita e finita da altri soldati, che pure potevano semplicemente bloccarla e arrestarla. Nessun riferimento a percosse o torture, che pure appaiono evidentissime nella foto del corpo morto di Michelina. Seguì poi la denudazione dei corpi e la profanazione attraverso l’esposizione pubblica, nel luogo più importante del paese: questa fu la barbarie compiuta da un esercito che si proclamava liberatore.
La storia ufficiale non parla di Michelina, non parla dei patrioti declassati a briganti”, non parla dei massacri sulla popolazione da parte delle truppe piemontesi, non parla degli interessi economici dietro l’Unità d’Italia. La Storia è scritta dai vincitori.
Eugenio Bennato – Il Sorriso di Michela
Fonti:
– Ritratti di Brigantesse. Il dramma della disperazione (Restivo Maurizio, Lacaita editore, 1997)