Le vicende che, agli albori del 1799, portarono all’instaurazione di una repubblica a Napoli erano ormai lontane. Ferdinando IV si era rimpossessato del suo trono dopo il semestre caratterizzato dalla presenza francese. La spinta espansiva originatasi oltre le Alpi era, però, tutt’altro che alle sue battute conclusive ed anzi trasse nuovo slancio dalle ambizioni di potere di un rampante generale francese.
Col colpo di Stato del 9 novembre 1799 Napoleone Bonaparte abbatté il Direttorio autonominandosi Primo Console. Questa operazione aveva, di fatto, ribaltato i principi rivoluzionari dei quali egli si proclamava baluardo e garante e funse da preambolo per la realizzazione di quelle basi politiche sulle quali avrebbe poggiato il suo impero.
L’ambizione del condottiero corso non si sarebbe certamente fermata ai confini della Francia ma, anzi, ebbe nell’Europa tutta il suo campo d’azione prediletto. Anche la penisola italica fu territorio di conquista per la Grande Armée. Da Parigi giunse la decisione d’invadere Napoli dove venne instaurata una monarchia napoleonica con Giuseppe Bonaparte come sovrano. Da quel momento sarebbe iniziato il cosiddetto Decennio francese. Era il 30 marzo 1806.
Bisogna dire che Giuseppe Bonaparte prima e Gioacchino Murat poi si fecero promotori di grandi riforme soprattutto in ambito amministrativo e civile. Il regno (ad eccezione della Sicilia dove la corte borbonica soggiornò per tutta la parentesi francese) beneficiò di lavori ed opere pubbliche, ci fu l’eversione della feudalità e così via. Il Bonaparte governò sul nostro Mezzogiorno solo per due anni, in quanto venne chiamato dal fratello Napoleone a sedere sul trono di Spagna, così gli successe il cognato Gioacchino Murat.
La fama di abile generale e la sua volontà, manifestata fin da subito, di dar vita ad un governo il più indipendente possibile da Parigi gli valsero subito le simpatie del popolo napoletano che, seppur restando fedele ai Borbone, non lo considerò mai un usurpatore.
I suoi primi provvedimenti furono di matrice magnanima e da buon soldato subito riorganizzò l’esercito che, tra il 1806 e il 1808, aveva perso forza e brillantezza. Sotto il suo regno la macchina burocratica divenne rapida ed efficiente, tra le opere pubbliche più importanti menzione d’onore la merita Largo di Palazzo, oggi conosciuta come Piazza del Plebiscito.
La sconfitta riportata da Napoleone a Lipsia nel 1813 sancì l’inizio della fine per l’imperatore che venne deposto ed arrestato. L’epilogo della parabola napoleonica decretò il tramonto dell’impianto dei vari regni che l’imperatore aveva affidato ai suoi parenti o stretti collaboratori. Gioacchino Murat, nell’intento di conservare il trono di Napoli, si macchiò prima di tradimento nei confronti di Napoleone alleandosi con gli austriaci, poi entrò in lotta proprio con questi ultimi attaccando i territori da essi presidiati.
Nel 1815 il Congresso di Vienna decise di restaurare sui propri troni tutti i legittimi sovrani scalzati da Napoleone. Stesso destino toccò anche a Ferdinando IV che conservò tutti i cambiamenti positivi introdotti nel suo regno durante il Decennio. La famiglia reale rientrava nella capitale nel 1815, dopo 10 anni d’esilio. L’8 dicembre del 1816 con la Legge Fondamentale del Regno delle Due Sicilie, il re unì sotto di se il Regno di Sicilia e di Napoli assumendo il nome di Ferdinando I delle Due Sicilie.