Ogni anno il 17 marzo viene ricordato come la data della “festa dell’unità nazionale” ma non tutti la pensano così. È di fatto la data di proclamazione (in lingua francese!) dell’unità d’Italia e dell’inizio della “questione meridionale”. Nello stesso anno il re Vittorio Emanuele II del Regno di Sardegna, divenne Vittorio Emanuele II d’Italia mantenendo quindi la sua numerazione e la sua legislazione, pur avendo dato vita ad un nuovo regno.
Ed anche questo è strano giacché questo succede nel corso della storia solo nei casi di conquista di un popolo di cui si colonizza il territorio e lo si “unisce” al territorio del colonizzatore, tanto è vero che sempre più persone e studiosi stanno cominciando a capire che “non fu fatta l’Italia, ma fu allargato il Piemonte” (e il Sud fu di fatto annesso al Piemonte).
L’Italia, rispetto ad altri stati, è uno Stato estremamente giovane, ieri di fatto ha compiuto solo 158 anni: molto poco in confronto alla storia della Repubblica di Venezia o alla storia della Nazione Napolitana che, con le radici solide della Magna Grecia, era unita ufficialmente nel 1130 e avrebbe mantenuto la sua indipendenza e la sua autonomia fino al 1860 salvo alcune parentesi.
Parliamo, allora, di una entità statuale, quella napoletana, antica di 7 secoli e di una capitale – Napoli – vecchia di circa 6 secoli… Ma quale dovrebbe essere la data ufficiale della vera festa nazionale italiana? Il 4 novembre, il 2 giugno oppure il 17 marzo, quando i territori romani e veneti, tra l’altro, ancora non erano stati uniti?
C’è ancora una grande confusione dopo 158 anni. Il 17 marzo per moltissime persone specialmente al Sud, ma anche in Veneto e altrove, questo giorno viene ricordato sempre di più come la fine delle indipendenze di popoli diversi, con lingue diverse, culture, storie, tradizioni e mentalità diverse ed è per questo che, dopo 158 anni, solo le istituzioni continuano a festeggiare questo giorno ormai non sentito più così tanto dal popolo (o forse mai sentito neanche in epoca passata) e che la gente fa anche fatica a ricordare.
Sempre meno tricolori e sempre più bandiere identitarie vengono esposte ai balconi e nelle strade cittadine, e sempre più spesso troviamo bandiere esposte tutto l’anno anche fuori o dentro i locali pubblici, fuori o dentro le case private. Oggi la gente ha sete di radici e di identità, quell’identità strappata per l’interesse di una élite, non essendo stato il Risorgimento un movimento nato in seno al popolo.
“Fatta l’Italia, dobbiamo fare gli Italiani”: a distanza di ormai 158 anni pochi ci credono ancora e mentre si pensa a fare gli Europei, in questi territori magari si torna Veneti, Sardi, Napoletani o Siciliani. Quale sarà il destino di questa festa – e dell’Italia?