Per conoscere bene le dinamiche che hanno portato alla nomina di papa Celestino V, vi è il bisogno di fare una rapida digressione. Prima di lui, ci sono stati i predecessori che sono stati legati ai beni terreni. Inoltre alcuni di essi hanno dato ampio spazio alle famiglie locali come gli Orsini e i Colonna. In questo clima, i fedeli ed ecclesiastici hanno sempre più l’esigenza di nominare un papa vicino alla causa spirituale.
Parallelamente il Sud Italia si presenta politicamente frammentato, da una parte abbiamo Federico III di Aragona che ha occupato il territorio di Sicilia a seguito dei Vespri siciliani, dall’altro ci sono gli angioini guidati da Carlo III. Questo controlla il restante del Sud Italia. La Chiesa ha voce in capitolo sui territori posseduti delle due case regnanti, perciò queste ultime s’interessano alla causa della nomina del papa.
Alla morte di Niccolò IV nel 1292, i cardinali si riuniscono per nominare il papa. Purtroppo ci sono trame di palazzo d’importanti famiglie locali, poi a peggiorare le cose c’è la pressione di Carlo II. La nomina papale non avviene subito, si protraggono ben 2 anni di lotte. Latino Malabranca smorza il clima pesante con la sua visione del Giudizio Universale se non fosse nominato l’erede di Pietro. Gli animi dei cardinali si smuovono, l’autorevole Benedetto Caetani chiede ai presenti se il Pietro della visione non fosse proprio l’eremita Pietro da Morrone. Al che la maggioranza dei cardinali sceglie di nominare l’anziano eremita Pietro Morrone. Questo può vantare un ampio curriculum e una gran fama nell’essere un eremita in odore di santità che vive in una caverna.
Il 29 agosto viene nominato il nuovo papa col nome di Celestino V. È sicuramente un esempio da seguire per la Chiesa, però si mostra ben presto incapace di amministrarla. Si fa abbindolare da Carlo II, convincendolo a spostare la curia romana a Napoli, più in particolare a Castelnuovo. Essendo scomodo in un luogo così lussuoso, sceglie di vivere in una cella di legno fatta costruire appositamente per lui. Intanto molti uomini politici e regnanti approfittano della sua incapacità per farsi dare dei privilegi ecclesiastici. Carlo II inserisce delle sue pedine nel protonotariato apostolico e nella cancelleria. Quest’ultima è una sede importantissima da dove sono pubblicati documenti come bolle papali e scomuniche.
Celestino V si rende conto della sua inadeguatezza nel ruolo di Papa, forse dettata anche dalla sua veneranda età, di circa 85 anni, si pensa che sia nato nel 1209. Prima di dimettersi riflette a lungo nella sua cella, isolandosi dal mondo intero. La Chiesa senza il Papa va in tilt, ebbene molti membri della Curia romana si prodigano nel persuaderlo a rimettersi all’ordine, ma tutto ciò è vano.
A un certo punto, il Papa fa chiamare una persona di cui si fida, il cardinale Benedetto Caetani, che va alla sua cella. I due iniziano una toccante conversazione sulla volontà di Celestino V di abbandonare le vesti papali. La notizia della volontà di Celestino V ben presto circola al di fuori della misera cella, tanto che intervengono da subito i baroni locali andando al castello per accertarsi della notizia e impedire al papa una simile scelta. Poi l’8 dicembre fa riunire i cardinali nella sala maggiore del castello per informarli della notizia. Le parole del Papa destano comunque un po’ di scompiglio tra i cardinali, perciò solo il 13 di dicembre Celestino V ritorna a essere Pietro da Morrone.
Adesso resta il problema di una nuova nomina, che avviene decisamente più velocemente: infatti il 23 dicembre Benedetto Caetani viene nominato papa col nome di Bonifacio VIII. Un papa certamente più capace che ha avuto fin da subito il consenso di uomini politici e di Chiesa. Nei primi giorni del mese di gennaio, Pietro da Morrone abbandona Napoli per andare a Roma. Bonifacio VIII lo fa andare accompagnato con suoi fedelissimi per evitare che l’eremita sia rapito. Pietro da Morrone in pratica ha abbandonato le vesti papali, ma in teoria no, perciò il Papa ci tiene che lui non si muova dalla Curia romana.
Pietro da Morrone anziché andare a Roma, sceglie di andare alla sua Sulmona poi prova una fuga per via mare dalla Puglia per andare in Grecia, ma fallisce e viene arrestato a Vieste dalle autorità locali, poi consegnato al Papa. Allora l’eremita è obbligato ad andare ad Anagni, dove si trova Bonifacio VIII. Questo poi sceglie di imprigionare Pietro da Morrone nel castello vicino la città, Fumone.
L’anziano Pietro si ammala gravemente fino a raggiungere la morte il giorno 19 maggio 1296. Quando il Papa viene a sapere della notizia, fa tenere una messa in suo onore e i funerali procedono a Monte Fumone. La bara viene messa sotto l’altare maggiore del monastero di Sant’Antonio Abate, lo stesso fondato da Pietro. Questo viene annoverato anche nella Divina Commedia di Dante Alighieri, in particolare nel III° canto della cantica dell’Inferno, quando Dante giunge all’Antiferno e incontra gli ignavi. Tra questi c’è Celestino V che corre perennemente dietro una bandiera mentre è morso da insetti e vermi. La sua colpa è stata di non essersi assunto le proprie responsabilità in vita quando è stato nelle vesti di Papa, per citare le parole di Dante: “Colui che fece per viltade il gran rifiuto “. Una narrazione che ben si discosta dal vero.
Bibliografia:
B.Frale, L’inganno del gran rifiuto, Utet, Novara, 2013
Sitografia:
– http://www.treccani.it/enciclopedia/celestino-v-papa-santo/
– http://www.treccani.it/enciclopedia/papa-celestino-v_%28Dizionario-Biografico%29/
– https://divinacommedia.weebly.com/inferno-canto-iii.html