“..La lava si muoveva alla velocità di pochi metri all’ora, e aveva coperto metà della città con uno spessore di circa 10 metri. La cupola di una chiesa, emergendo intatta dall’edificio sommerso, veniva verso di noi sobbalzando sul suo letto di cenere. L’intero processo era stranamente tranquillo. La nera collina di scorie si scosse, tremò e vibrò un poco e blocchi cinerei rotolarono lungo i suoi pendii. Una casa, prima accuratamente circondata e poi sommersa, scomparve intatta dalla nostra vista. Un rumore da macina, debole e distante, indicò che la lava aveva cominciato a stritolarla. Vidi un grande edificio con diversi appartamenti, che ospitava quello che chiaramente era stato il miglior caffè della città, affrontare la spinta della lava in movimento. Riuscì a resistere per quindici o venti minuti, poi il tremito, gli spasmi della lava sembrarono passare alle sue strutture e anch’esso cominciò a tremare, finché le sue mura si gonfiarono e anch’esso crollò“.
Questa è solo una delle tantissime testimonianze di quella che fu l’ultima eruzione del Vesuvio, del marzo 1944. L’agente dell’Intelligence Service britannico Norman Lewis, fu un testimone dell’eruzione e nel suo libro “Naples ’44” (1978), fornì un’interessante descrizione dell’avanzata del fronte lavico nella città di San Sebastiano. Questa eruzione è considerata come la fine di un periodo eruttivo iniziato nel 1913. Da allora si cominciò a costituire un conetto di scorie all’interno del cratere che aveva raggiunto, nel marzo del ’44, un’altezza di 100 m. e portando l’altezza del vulcano a 1260 m. L’eruzione è stata descritta da Giuseppe Imbò, allora direttore dell’Osservatorio Vesuviano, che fu preceduta da chiari segni premonitori a partire dal 13 marzo, quando si ebbe il collasso del cono di scorie presente all’interno del cratere. Essa iniziò il 18 Marzo con un aumento dell’attività stromboliana e con piccole colate laviche sul versante orientale e verso Sud. Si verificò anche un’ intensa attività sismica fino al mattino del 23 in cui l’attività eruttiva si ridusse alla sola emissione di cenere. Il 24 marzo l’emissione di cenere chiara preannunciò il termine dell’attività eruttiva, imbiancando il Gran Cono come dopo una nevicata, mentre le esplosioni gradualmente si ridussero fino a scomparire il giorno 29, quando l’attività si ridusse a nubi di polvere, probabilmente causate da frane dell’orlo craterico.
I paesi più danneggiati furono Terzigno, Pompei, Scafati, Angri, Nocera, Poggiomarino e Cava. Gli abitanti di S. Sebastiano, di Massa e di Cercola, (circa 12.000 persone), furono costretti all’evacuazione, mentre Napoli fu “graziata” dalla direzione dei venti che allontanarono dalla città la nuvola di cenere e lapilli. Ci furono 26 morti nell’area interessata da ricaduta di ceneri a causa dei crolli dei tetti delle abitazioni, due centri abitati in parte distrutti dalle colate laviche e tre anni di raccolti persi nelle aree dove ci fu la ricaduta delle ceneri. Altri operatori dell’epoca, testimoniano come i fedeli mostrarono al vulcano la statua di San Gennaro, affinché il santo fermasse l’attività eruttiva.
Il video, pubblicato su Youtube, è tratto dal sito della Regione Campania e mostra l’eruzione del Vesuvio del 1944 ripresa dai cameramen dell‘esercito americano. Dapprima si vede l’intensa attività del vulcano, con nuvole di fumo, piogge di lapilli e masse di lava incandescente che colano per le strade cittadine portandosi dietro interi palazzi che si sgretolano come sabbia, tutto questo davanti agli occhi impauriti delle persone riverse in strada. Città fumanti e campagne ormai desertificate, gente che scava a mani nude nella coltre di cenere o che cammina per strada cercando disperatamente di salvare dalla furia del vulcano quel poco che gli rimane, da un periodo storico già di per se devastante, quale quello del secondo conflitto mondiale.