Quattro secoli e non sentirli. Anche quest’anno, come avviene ormai dal lontano 1606, a Praiano (sulla costiera amalfitana) torna la “Luminaria di San Domenico”. Cinque giorni di canti, balli, giochi pirotecnici e soprattutto ceri e candele accese in onore del santo. Tutto per ricordare l’arrivo di alcuni frati nel diciassettesimo secolo e per celebrare, in grande stile, uno strano sogno premonitore fatto dalla madre dell’ecclesiastico spagnolo quando lo aveva ancora in grembo.
Ormai parte integrante del ricco patrimonio storico del Comune di Praiano, l’evento infatti vuole festeggiare in sé la venuta di alcuni frati domenicani nel 1606, provenienti dalla Sanità di Napoli, grazie ai quali si diffuse ben presto il culto di San Domenico e soprattutto la festa della Luminaria. Nei secoli passati tutti i cittadini durante l’anno conservavano i rami secchi di tralci di vite, di alberi e arbusti, realizzando le “fascine” che poi bruciavano per l’occasione nei giardini. Si conservavano anche barattoli di latta, di vetro, stracci, olio e strutto irrancidito per poi realizzare le fiaccole.
Ma il fiore all’occhiello della manifestazione è certamente l’effetto scenico creato dalle illuminazioni a cera che adornano balconi, finestre, terrazzi e soprattutto la celebre piazza San Gennaro, “accesa” a festa – durante la notte del 30 luglio – da ben 2000 candele. Una tradizione che fino a qualche anno fa stava perdendosi a favore delle più banali illuminazioni elettriche, ma che dal 2001 è stata recuperata nell’interezza della sua secolare storia.
Una storia che ha un fondamento a metà tra il sacro e il leggendario: la mamma di San Domenico prima di partorire sognò un cane con una fiaccola in bocca che incendiava il mondo, simbolo della Parola di Dio che il nascituro avrebbe portato sulla Terra e tra le sue genti.
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