Perché il VAR così non può andare: l’ombra delle scommesse e delle valutazioni arbitrali

VAR


Al termine della partita Inter-Napoli, il tecnico degli azzurri Antonio Conte si è scagliato prepotentemente contro il sistema calcio e l’utilizzo improprio che si fa del VAR. Un mezzo che lo stesso salentino considera di grande ausilio, che infonde serenità ai protagonisti del gioco, ma che rischia di diventare un’arma a doppio taglio se non chiamato in causa negli episodi chiave, per via di un protocollo controverso del quale non si comprendono ancora le dinamiche interne.

Il problema principale del Video Assistant Referee affonda le proprie radici in profondità. Quando Conte parla di protocollo e si chiede il perché siano state stabilite queste regole che non consentono linearità decisionale fa bene, ma i punti cardine da sollevare si trovano altrove.

Il più grande controsenso da quando è stato inserito il VAR, risiede nel fatto che gli arbitri che lo utilizzano ricevono dei punti in meno nel giudizio complessivo da parte della CAN. Ebbene si. Nella scala di giudizi alla quale vengono sottoposti i fischietti al termine di ogni incontro diretto, che va dall’8,70 (eccellente) all’8,20 (insufficiente), andare al monitor sottrae 0,10, un’enormità.

VAR, così non va: valutazioni nei giudizi arbitrali e scommesse rovinano la sua efficacia

Ciò vuol dire chiedere ad un essere umano che in quel momento sta svolgendo una professione in una categoria nella quale vuole fare carriera, di auto-penalizzarsi nella propria valutazione e quindi frenare la crescita lavorativa. Una follia senza senso, che invece di aiutare gli arbitri ad essere tirati fuori dalla gogna mediatica, li rende irrimediabilmente protagonisti e attori principali del gioco.

Ma non è finita, perché c’è un’altra grande piovra che muove i suoi tentacoli afferrando l’onestà delle direzioni di gara, ed è collegata con un doppio filo che va in traiettorie opposte alla motivazione di cui sopra. Si, perché le agenzie di scommesse che come sappiamo regolano gran parte degli introiti del mondo del calcio, tanto da arrivare a diventare sponsor delle squadre stesse prima che venisse introdotta una regola che lo vietasse, consentono ai propri utenti di puntare sull’utilizzo del VAR. Quote alte, che superano il pagamento triplicato della posta giocata.

Immaginate dunque se gli arbitri in tutti gli incontri (o quasi) visionassero gli episodi controversi: prima di arginare il fenomeno globale togliendo le quote dal mercato, i bookmakers perderebbero miliardi.

Ma una soluzione ci sarebbe, utopistica quanto di semplice lettura: fermarsi, sedersi ad un tavolo e togliere le due portate principali dal banchetto. Via le valutazioni all’utilizzo del VAR, via anche le quote “Arbitro guarda monitor ‘Si'”.

Entrambe le categorie se ne farebbero certo una ragione e siamo certi che ne gioverebbero altrettanto. Così come ne gioverebbe il calcio, giuoco più amato della terra da quando esiste, che dalla tecnologia dovrebbe trarre solo vantaggio e crescita.


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