La stampa si sa è uno dei mezzi d’informazione più potenti, e non è semplice fare il giornalista, soprattutto quando c’è da dare notizie che riguardano la malavita.
Tanti sono i casi di giornalisti minacciati per aver espresso un giudizio o anche solo riportato una notizia di troppo sul fronte camorra, i numeri crescono notevolmente ogni giorno, spaventando chi collabora con testate giornalistiche, facendo loro temere di poter finire come Gincarlo Siani, il giornalista che voleva combattere la camorra con la sua penna. Proprio a seguito della vicenda che costò la vita a Siani, i metodi di sicurezza per i giornalisti che si limitano a voler trattare argomenti delicati come quello della criminalità organizzata, dovrebbero non solo essere più efficienti ma anche moltiplicati per poter assicurare a tutti un’adeguata tranquillità, ma purtroppo, non a tutti è concesso di essere tutelati.
Risponde al nome di Nello Trocchia, il giornalista campano vittima di minacce dal fratello di un boss della camorra arrestato. “A quel giornalista gli devo spaccare il cranio e dopo mi faccio arrestare”. Con queste parole intercettate tramite una telefonata tra un boss arrestato per camorra e suo fratello, scatta l’allarme, Nello Trocchia autore di testi d’inchiesta su mafie e corruttele, collaboratore con L’Espresso, Il Fatto Quotidiano e In Onda su La7, è letteralmente preso di mira, aggiudicandosi di diritto un posto in quell’elenco di giornalisti “in pericolo” che fa davvero rabbrividire. A far innervosire il boss e famiglia, pare essere stato proprio un articolo pubblicato su ilfattoquotidiano.it, in per cui Nello Trocchia viene incolpato di aver fatto scattare le indagini che avrebbero poi portato all’arresto.
Dal momento in cui viene intercettata la telefonata, vengono immediatamente richieste misure di sicurezza per Trocchia. Le registrazioni fatte il 10 Giugno vengono subito passate alla Procura Antimafia di Napoli, ma dopo esattamente un mese ancora nulla è cambiato. Tutto risulta essere molto strano, la tempestività delle misure di sicurezza in questi casi è solitamente eccellente, ma qualcosa evidentemente non ha funzionato, si dubita addirittura sull’arrivo di tutta la documentazione necessaria al Comitato per l’ordine e sicurezza, il dubbio però non viene accertato ma neanche smentito.
Nello Trocchia non è coperto da protezione alcuna, è ancora tacitamente esposto al rischio di ripercussioni dalla criminalità organizzata e non si conosce il motivo di tutta questa storia. Trocchia entra nei 206 giornalisti vittime di minacce nei primi sei mesi dell’anno, mentre 2300 sono i casi di violenza accertati tra il 2006 e il 2014. Numeri da capogiro che fanno riflettere, la libertà di stampa è forse solo utopia, nessuno sembra essere libero di riportare quanto accade nel mondo e ancora una volta, se vuoi vivere serenamente, la parola “camorra” dev’essere velata da un alone di buonismo, come se invece del marcio, racchiudesse l’animo nobile dell’umanità.