Ci siamo spesso interrogati sul perché il patrimonio artistico italiano, e ancor di più quello campano e meridionale, non venisse sfruttato appieno. L’Italia conserva opere e monumenti di indiscussa bellezza che troppo spesso, per mancanza di fondi, lascia all’incuria e al degrado, sciupando così migliaia di ricchezze invidiateci da tutto il mondo. Basti pensare a quante sono le chiese napoletane ancora chiuse, piccoli gioielli lasciati a morire nell’indifferenza generale. Eppure non sempre le cose sono destinate ad andare avanti così.
Il Ministro per i Beni e le Attività Culturali Dario Franceschini ha infatti deciso di investire in un gioiello architettonico nostrano trasformandolo in “Scuola del Patrimonio“. Parliamo della straordinaria Reggia di Quisisana, a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli.
Un luogo dover poter inviare neo laureati a perfezionare le tecniche di restauro e tutela dei beni culturali e così, dopo essersi trasformata in museo dell’antichità, si prospetta un nuovo florido futuro per la Reggia di Castellammare.
L’Idea di Franceschini è quella di creare un polo universitario in cui far confluire studenti italiani e stranieri che vogliano perfezionarsi con master specifici. Ricordiamo che già nella scorsa primavera Quisisana divenne ufficialmente “Scuola archeologica italiana di Atene e Pompei” ma oggi in ballo sembra esserci qualcosa in più!
Sarebbero stati stanziati 6 milioni di euro recuperati dalla Scuola dei beni e delle attività culturali e del turismo, da destinare al progetto, ancora non avviato nonostante l’intenzione del ministro.
Dario Franceschini a tal proposito ha dichiarato che: “Reggia Borbonica di Quisisana, ripristinata da poco tempo e inutilizzata. Pensiamo a una scuola che si basi su alcuni piloni formativi: la tutela, il restauro, la valorizzazione, una sezione dedicata all’archeologia in collaborazione con la prestigiosa Scuola archeologica di Atene. La vicinanza della reggia con Pompei realizzerà un asse con le nostre eccellenze in quel campo. Nasceranno nuove professionalità nel nostro Paese. L’intenzione è formare personale che in futuro, nei propri Paesi, potrà sfruttare le conoscenze acquisite in Italia e perpetuare una cultura, legata alla tutela e alla gestione ma anche alla valorizzazione, che faccia riferimento al nostro Paese. Non è solo questione di reputazione: è uno strumento di quella diplomazia culturale che sa sostenere anche in questo campo i Paesi emergenti”.