Futuro Remoto, il grande evento dedicato alla scienza e alla tecnologia che quest’anno ha invaso il cuore di Napoli, si è aperto con una conferenza matematica tenuta da Alessio Figalli. Il matematico è figlio di un napoletano e a soli 27 anni era già professore ordinario in Texas. Oggi Figalli ha 31 anni e ha voluto raccontare come la sua carriera ha spiccato il volo andando via dall’Italia, paese che costringe sempre più giovani ad emigrare.
Come pubblicato nell’intervista del Corriere.it, da Pisa il 31enne è volato in Francia, passando per Los Angeles per poi sbarcare ad Austin, in Texas. Ad aiutarlo nel suo percorso sono stati gli incontri e i suggerimenti di alcuni professionisti, l’incoraggiamento delle persone care e la voglia di affermarsi come matematico.
Per Alessio Figalli in Italia la situazione delle Università e dei concorsi è molto complicata rispetto all’estero: “Il problema più grave è la mancanza di finanziamenti e, di conseguenza, il blocco delle assunzioni. Manca poi la programmazione: all’estero, tutti i concorsi vengono banditi nelle stesso periodo dell’anno e il numero totale di posti disponibili è fisso. Il fatto che in Italia non si sa mai quando e quanti posti saranno banditi crea delle situazioni critiche: una parte dei giovani “scappano” ed altri restano e si mettono in “coda”. La conseguenza è un’incertezza sul futuro che non è ammissibile. Anche per le università questo è un grande problema: un istituto non può avere una strategia per puntare all’assunzione di uno studente/ricercatore veramente brillante”.
Le Università, secondo Figalli, durante il corso di laurea dovrebbero “sollecitare gli scambi inter-universitari e rivedere il livello delle borse dei programmi Erasmus. Si dovrebbe poi favorire lo svolgimento della tesi di dottorato in una sede diversa da quella dove ci si è laureati, potenziando le cotutele e spingendo i dottorandi a svolgere soggiorni in altre sedi. Per gli assegni di ricerca post-doc si dovrebbero prevedere cofinanziamenti in caso di cambio di sede. Infine, bisognerebbe favorire l’assunzione di ricercatori che si sono formati in altre università. Questa mobilità è fondamentale per consentire il contatto con il maggior numero possibile di persone, metodi e idee. Il vero problema è che poi in Italia, in quegli stessi ottimi atenei che li hanno formati, gli studiosi non tornano”.
Il matematico, nonostante adori la città di Napoli e l’Italia, non sente il bisogno di tornare: “Il governo fa manovre a breve termine che, con alta probabilità, il governo successivo cambierà. La scuola e l’università sono istituzioni fondamentali per lo sviluppo del Paese, sulle quali occorre fare programmazioni sensate e a lungo termine: bisogna pensare agli effetti che una riforma avrà in due o tre decenni, non due o tre anni. L’istruzione non può seguire le leggi dell’economia. Finché il paradigma è questo non torno, benché l’Italia mi manchi tantissimo”.