L’aspro giudizio sentenziato nei giorni scorsi da Massimo Giletti nei confronti della città di Napoli ha dato il via ad un lungo dibattito mediatico che, nonostante il trascorrere dei giorni, non accenna ancora a placarsi. Il conduttore Rai, nel corso della trasmissione domenicale “L’Arena” aveva definito la città di Napoli “indecorosa”, lanciandosi in una descrizione esasperata e forse non del tutto veritiera della città.
In poche ore la notizia ha fatto il giro del web spaccando in due l’opinione pubblica tra favorevoli e contrari. Tanti i personaggi pubblici che hanno voluto esprimere solidarietà con la città. Francesco Facchinetti, figlio d’arte di una delle voci più amate d’Italia, ha manifestato il proprio dissenso nei confronti di chi, con malizia o semplice superficialità, ha ceduto al fascino del commento facile, spesso imbastito su opinioni deboli nate dal chiacchiericcio da salotto e dal luogo comune.
Immancabile Selvaggia Lucarelli che, come spesso accade, ha voluto sottolineare la presunta permalosità dei napoletani i quali, da attenti osservatori, hanno sempre risposto con determinazione ai suoi velenosi attacchi.
Anche il sindaco di Napoli, Luigi De Mgistris, si è esposto in prima persona facendosi portavoce del popolo napoletano stufo di essere puntualmente accostato a immagini quali “inciviltà” , “spazzatura” e “criminalità”, tanto da sporgere querela allo sprovveduto conduttore.
Ma in questa complessa diatriba fatta di offese e difese, è possibile provare capire quale sia la verità dei fatti? Giletti, quando ha descritto la Stazione Centrale di Napoli e le strade limitrofe come indecorose e al limite dell’indecenza aveva ragione? E i napoletani oramai sfiancati dalla sottile crociata mediatica contro la città, possono realmente indignarsi o dovrebbero piuttosto fare “mea culpa” ad occhi bassi e mani sul petto?
Passeggiando per i vicoli adiacenti a Piazza Garibaldi ci si rende conto immediatamente che a Napoli il concetto di “indecoroso” può diventare molto ambiguo. Come ogni metropoli anch’essa risente del flusso sconnesso e continuo di gente che sembra muoversi a frotte.
Napoli non sarà mai una città da vetrina, di quelle che esponi a mo’ di gioiello, perchè è una città viva, che si muove, che ondeggia. Non è un caso che lo scrittore di gialli Jeffery Deaver o il sindaco Bill De Blasio l’abbiano paragonata a New York.
Se per decoro s’intende l’edulcorata parvenza di facciata, allora effettivamente Napoli è indecorosa, perché non si preoccupa e non si è mai preoccupata di nascondere la vita, il fermento, il vociare dei bambini. Perché ancora oggi vive di mercati, intesi come luogo di scambio e non di acquisto, dove la strada rappresenta punto di incontro e in quanto tale “sporcato” da una quotidianità rombante.
E i napoletani? Anche loro forse si curano poco dell’apparenza a favore della sostanza, del calore e dell’espressione a scapito dell’estetica. Chiunque dotato di un minimo di buon senso e di una buona capacità di lettura delle dinamiche della città, sa che da Napoli non potrà ma aspettarsi fiocchetti e lustrini, anche se questo a volte può lasciare negli occhi di chi guarda, l’amarezza di un potenziale sprecato.
Ma una parola va detta anche a chi si indigna senza mai fare nulla di concreto, vittima della filosofia affascinante quanto pericolosa del ” Pienz ‘a campà“. Forse è il caso che anche il napoletano impari a proteggersi da solo dagli attacchi della gente, lasciandosi alle spalle l’insolenza di chi crede di avere sempre ragione. Napoli è una città complessa, difficile e contraddittoria, ma forse è arrivato il momento, visto il contesto storico, che ogni singolo individuo smetta ogni tanto di essere soltanto un napoletano per trasformarsi, di tanto in tanto, in “cittadino”.