Il curioso caso dell’evaso per la moglie litigiosa Cass. Pen. n. 44595/2015
Non è il titolo di una commedia, bensì il fatto su cui di recente si è pronunciata la Suprema Corte, cassando la condanna a 4 mesi inferta all’ imputato, reo di aver abbandonato l’abitazione ove era ristretto ai domiciliari, a seguito dell’ennesima lite con la moglie.
L’imputato, dopo aver chiamato i Carabinieri per comunicare la propria intenzione, esasperato dalle continue liti familiari, abbandonava il domicilio, per attendere per strada l’arrivo delle forze dell’ordine, per essere tradotto in carcere. Tuttavia, il suo comportamento non aveva convinto il Giudice di Prime cure e la Corte d’Appello che lo avevano ritenuto colpevole del reato di evasione condannandolo alla pena di mesi 4 di reclusione.
Le condizioni delle patrie galere hanno fatto il resto: convincere l’imputato che forse è meglio sopportare la moglie anziché godere dell’ospitalità dello Stato, pertanto il reo ricorreva in Cassazione, deducendo le proprie ragioni. I Giudici di Legittimità hanno accolto la tesi del marito esasperato, ed hanno valutato il comportamento tenuto dall’imputato che, veniva sì trovato fuori l’abitazione, ma “in attesa dell’arrivo dei carabinieri dallo stesso avvisati”, al fine di essere tradotto in carcere lontano dalla moglie-arpia.
In conclusione, l’imputato non si è sottratto in nessun momento al controllo degli operanti, “restando nelle vicinanze del controllo coatto”. Per la Suprema Corte, la comunicazione ai Carabinieri dell’imminente allontanamento al fine di ottenere una misura cautelare più grave (il carcere), il permanere nelle vicinanze del domicilio in attesa dell’arrivo delle forze dell’ordine, non sono elementi idonei al fine di ritenere integrato il reato di evasione. Il povero marito può quindi tornare a scontare la pena a casa…dalla moglie.