Camminando per il centro storico di Napoli ci si può imbattere ad ogni angolo in vicoli che riescono a trasmettere storie al solo osservarli: piccoli scorci sul passato, spazi fermi nel tempo che conservano in ogni pietra respiri e voci di secoli di vita. Vico Paparelle al Pendino è uno di questi luoghi, una piccola stradina che si incrocia con via San Biagio dei Librai.
Non sempre ha avuto questo nome, il sito CorpodiNapoli ne ha ripercorso la storia descrivendo i vari volti che ha assunto nel tempo. Nel medioevo era conosciuto come vicus Danielis, poi vico Sant’Efulo, vico de’ Cicinis ed infine vico dei Grammatici in onore di alcune famiglie nobiliari che iniziarono ad abitarci. Fu proprio una di queste famiglie, nel sedicesimo secolo, a dargli il nome che conserva ancora oggi.
Si tratta della famiglia Paparo, di cui il più famoso esponente era Nando Paparo che fu uno dei fondatori del Pio Monte della Misericordia. Anche la figlia di Nando, Luisa Paparo, era predisposta ad utilizzare le fortune di famiglia per fare beneficenza: insieme a Giovanna Scorziata fondò l’oratorio del Sacro Tempio della Scorziata. Conclusasi l’amicizia con Giovanna, Luisa pensò bene di creare un secondo oratorio proprio nel vicolo dove abitava, ma, questa volta, solo per donne di ceto basso. Queste ragazze vennero subito bollate dal popolo napoletano con l’appellativo di “paparelle”, poiché, appunto, beneficiavano dell’oratorio dei Paparo e la strada divenne per sempre il vico delle “paparelle”.
Il vico oggi conduce alla chiesa di Santa Maria della Stella e, grazie alla sua bellezza caratteristica, ha attirato l’attenzione di poeti ed artisti come Salvatore di Giacomo, che lo definì “’O vico d’’e suspire”, e Ferdinando Russo, che gli dedicò l’omonima opera “’O vico ‘e Ppaparelle”.