Nino D’Angelo e il suo caschetto biondo sono stati i protagonisti degli anni ’80, epoca in cui con le sue canzoni e film, il noto cantautore ha conquistato la simpatia di centinaia e centinaia di persone. Nino D’Angelo ha ormai lasciato la sua Napoli da tanti anni ma, nonostante tutto, incancellabili restano i ricordi della sua giovinezza trascorsa a San Pietro a Patierno. Tra felicità e amarezze, l’artista non può dimenticare le note dolenti della sua comunità.
Centro di discussioni sono le baby gang su cui D’Angelo sembra avere le idee chiare. In un’intervista al Corriere.it, quest’ultimo ha dichiarato che Napoli ha due anime, una disagiata e degradata, l’altra benestante e di lusso: “I ragazzini che vengono assoldati dalla malavita sono quelli ai quali manca tutto, non hanno valori. Non hanno diritti e quindi non conoscono i doveri. Se in un quartiere non c’è lavoro, non si fa rispettare l’obbligo scolastico. Non esistono impianti sportivi dove i ragazzi possano trascorrere il tempo libero, cosa vuole che accada? C’è lo spirito di emulazione verso chi con la malavita ha fatto soldi ed è diventato, dal punto di vista dei ragazzi, uno importante. I baby boss sono i nipoti dei nonni boss. Tutto qua. Un circuito che si alimenta da solo. Soprattutto se non si fa nulla per interromperlo”.
Famiglie ed istituzioni sono ugualmente colpevoli. I giovani nati in quartieri degradati sono perennemente circondati da esempi negativi e a loro volta entrano a far parte del mondo della malavita, a differenza dei quartieri bene, dove si diventa delinquente per altri motivi: “Lì poi la colpa è della famiglia che evidentemente non gli ha insegnato altro. Lì i ragazzi hanno tutto, teoricamente non hanno alcun bisogno di farsi assoldare dalla malavita. Nella Napoli-2 invece non hanno nulla. Non hanno e quindi non danno, piuttosto vivono nel mito di chi è diventato qualcuno grazie alla criminalità”.
Ovunque però accadono spesso episodi di vandalismo, l’ultimo nei confronti dell’albero di Natale della Galleria Umberto I che, come ogni anno, è stato distrutto: “Credo che in questo caso si tratti di bullismo, non di malavita. Nella Galleria Umberto succede tutti gli anni, uno sfregio senza alcun fine. O forse è qualcuno a cui danno fastidio tutti quei biglietti d’amore e di pace. Però credo che succeda anche in altre città. Se a Venezia i ragazzini sfregiano un albero, in due minuti viene ricomposto e nessuno parla. A Napoli c’è maggiore enfasi, quasi quasi ogni anno aprono un’inchiesta sull’albero della Galleria. Scherzo, ovviamente. Ma Napoli ama far parlare di sé, nel bene e nel male“.