Napoli, rispetto alle città settentrionali dello stivale, riporta un tasso minore di alfabetizzazione digitale, dovuto, probabilmente anche alla carenza strutturale del sistema didattico, ossia il malfunzionamento dei laboratori informatici nelle scuole o, peggio, la loro mancanza di strumenti. Senza dubbio, anche altre sono le motivazioni del rallentamento alle conoscenze informatiche, culturali, economiche ed antropologiche, tuttavia è basilare in una società sviluppata che il sistema didattico – educativo crei le fondamenta necessarie. A questo, si aggiunge il problema del digital divide che, oltre a differenziare soggetti di gradi culturali diversi riguarda molto le generazioni diverse. Che i giovani siano più ferrati e più capaci nell’ambito tecnologico è ovvio, tuttavia, la differenza conoscitiva tra i ragazzi e la media degli adulti è molto marcata.
Problema che il Comune di Napoli e diverse associazioni locali, negli ultimi, anni hanno affrontato direttamente. Ricordiamo, infatti, il progetto Ring – Un Rete per le Donne, destinato a tutte le donne della città che avevano la necessità di acquisire competenze informatiche, sia basilari che avanzate. E non solo; molte associazioni di quartiere organizzano corsi ad hoc per mostrare agli anziani il funzionamento delle nuove tecnologie, dagli smartphone ai personal computer.
Ma, tornando al tema principale, ampliandolo a livello nazionale, l’Italia tutta è tra i paesi europei meno alfabetizzati nelle nuove tecnologie. Già se consideriamo la presenza di almeno un accesso internet in un’abitazione privata, l’Italia nel 2011 si posizionava 22esima dopo la Lituania, L’Estonia e l’Ungheria. La situazione è migliorata di poco.
Da molti è stato definito un paese tartaruga nell’approccio informatico. Pertanto, non dovrebbe sbalordire la situazione napoletana, visto che le consuete dinamiche del sud, rallentano sempre in minima parte alcune aree di sviluppo. Il problema quindi, se esiste, è del paese intero.
Inoltre, la crescita esponenziale dell’interesse giovanile a Napoli, in merito all’innovazione tecnologica e la conseguente ricerca del know-how, creano un costante sviluppo professionale.
Basta pensare alle giovanissime sturt up partenopee nate negli ultimi due anni. Ne rappresenta un esempio SeoZoom, il software made in Napoli, che analizza la concorrenza web con oltre 15 milioni di keyword. Unico in Italia nel suo genere, offre agli utenti strumenti peculiarissimi per l’analisi dei dati.
Numerose sono le menti napoletane, tuttavia, che decidono di andare via. La facoltà di Ingegneria informatica e di Informatica della Federico II sfornano circa 620 professionisti all’anno. Molti dei quali, dotati di non poco talento, lasciano la città, proponendosi laddove il tessuto dell’innovazione è più solido e funzionante. Non pochi sono i ragazzi campani e italiani, in generale, che scelgono la Silicon Valley, trapiantandosi in California, nella quale numerose aziende informatiche offrono loro vantaggi e stimoli che qui non sempre trovano.
La decisione, pertanto, di Cupertino di stabilizzare a Napoli il Centro di sviluppo della Apple è una grande possibilità per i talenti napoletani e non solo. A prescindere dalle motivazioni che l’azienda da in merito alla scelta sulla città, si tratta di una decisione sagace. I dati sull’alfabetizzazione informatica rimangono chiusi in una tabella excel. A differenza della grinta, la crescita e la creatività che Napoli può dare ad un azienda di giovani, in cui servono tenacia ed idee, più di ogni altra cosa.
Inoltre, la presenza e la crescita di spazi di condivisione a Napoli, ha innescato un flusso sano di cooperazioni e nuove conoscenze. Si tratta degli spazi di Co-working, in cui, giovani talenti con giovani idee incontrano altri punti di vista ed altre esperienze. Un esempio è Re-work, nel cuore del Centro Direzionale. Numerosi professionisti e non mettono a confronto idee, spesso durante aperitivi tematici e la presentazione di nuove start-up, legate quasi sempre alla dimensione virtuale, informatica e di progettazione.