Napoli – Sul quotidiano palermitano Il giornale cittadino press si apprende la notizia della prossima intitolazione di via Cialdini a Giovanni Lo Porto, collaboratore internazionale rapito da Al Quaeda, che ha perso la vita in Pakistan durante un’operazione degli Americani.
Si tratta di una mozione presentata da Giovanni Colletti, consigliere e presidente della Seconda Circoscrizione, nella quale si legge che Enrico Cialdini fu responsabile di assassini atroci nei confronti della gente Sud durante il Risorgimento, al fine di giungere a quell’Unità d’Italia così anelata da Cavour e Vittorio Emanuele II.
Il 13 Febbraio 1861 a Gaeta, quando Francesco II, Re del Regno delle Due Sicilie, decise di firmare la resa per fermare lo sterminio della sua gente, il generale Enrico Cialdini dispose l’intensificazione dei bombardamenti e, approfittando della cessazione delle risposte della fazione avversaria, uscì dalle linee e si avvicinò alla cittadina, per averla meglio sotto tiro. A chi gli chiedeva di fermarsi perché erano in corso le trattative per la resa rispose, dicendo il falso, che la sua abitudine era quella di non fermarsi fino a quando essa non fosse ufficiale: “Sotto le bombe si tratta meglio”, disse. E in tre giorni, infatti, dalla sera del 10 fino al 13, fece sparare ben 60mila bombe. In questo modo si verificò la drammatica esplosione della polveriera della Batteria Philipstad, la quale causò l’inutile morte di tanti giovanissimi allievi della Nunziatella e di molti civili, già massacrati dal lungo assedio. A Unità d’Italia avvenuta a egli si intitolarono strade, al pari di numerosi altri assassini e sterminatori, perché è così che si sottomette un Popolo, facendogli il lavaggio del cervello e cancellando la sua Storia.
Via Cialdini da Palermo dunque, così come Catania e parecchie città italiane, non soltanto del Mezzogiorno. Il palazzo della Borsa della città di Napoli, invece, conserva ancora il busto di Cialdini, il quale non viene rimosso nonostante le continue richieste da parte di cittadini, associazioni e movimenti. Una battaglia di rispetto, per la Storia e le vite umane, che la capitale di quello che un tempo fu un grande stato non sembra voler ancora combattere.