Il paese intero disquisisce sulle elezioni amministrative che si terranno prossimamente in alcuni comuni italiani, sebbene le date del voto non sono ancora note. Nessuno, invece, discute circa il Referendum abrogativo anti-trivellazioni, nonostante sia prossimo ed esiste già una data in calendario. Questo perché gran parte della popolazione ignora l’esistenza del Referendum. Il sistema mediatico nazionale non ne parla, o se lo fa, racchiude l’argomento in brevissime parentesi estemporanee, le quali non hanno la capacità di informare esaustivamente gli elettori, né di raggiungerli tutti.
Le trivellazioni in mare vengono effettuate, prevalentemente, per l’estrazione di di gas e di petrolio, una volta individuati i giacimenti; aziende petrolifere e multinazionali energetiche eseguono le attività offshore nei mari (ma anche in terra ferma) su concessione pubblica.
Il Referendum del 17 aprile intende abrogare l’articolo 6 comma 17 del codice ambientale, il quale prevede che le trivellazioni continuino fin quando il giacimento lo consente, ossia finché c’è materia da estrarre.
Il quesito a cui gli italiani sono chiamati a rispondere è il seguente:
“Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”
Per fermare le trivellazioni bisognerà rispondere con un SI, tuttavia, in caso di abrogazione, il provvedimento non riguarderà le trivellazioni in terra ferma (alcune delle quali particolarmente pericolose) e quelle oltre le 12 miglia dalla costa.
Il referendum è stato promosso da 10 regioni italiane, tra cui la Campania (con Abruzzo, Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna,Veneto, Calabria, Liguria e Molise), assieme ad altri 6 quesiti referendari sulla ricerca e l’estrazione degli idrocarburi in Italia, dopo la legge sulla stabilità del governo Renzi. Attualmente, le organizzazioni ambientaliste si stanno adoperando per promuovere la consultazione popolare e mettere a conoscenza il paese intero circa i rischi e le conseguenza ambientali provenienti dalle trivellazioni in mare.
Abbiamo parlato con Danilo Bifulco, coordinatore del dialogo diretto di Napoli di Greenpeace Italia, circa la difficile vita di questo referendum:
“Il governo ha deciso di buttare letteralmente al vento 400 milioni di euro di soldi pubblici, pur di non accorpare alle elezioni comunali il referendum. Oltre ad essere questo un grande spreco di risorse comuni è anche una chiara manovra per non far raggiungere il quorum. Il quesito anche è posto in modo che per dire NO alle trivelle devi votare SI, come il referendum sul divorzio che qualcuno ricorderà del resto. Il mio personalissimo pensiero è che chi ci governa non fa gli interessi degli italiani bensì quelli di qualcun altro oltre che i propri.”
(Il governo argomenta la decisione di dividere amministrative e referendum con il decreto 98 del 2011, che vieta la concomitanza).
In effetti, l’estrazioni di materiali dai fondali e, pertanto, le trivellazioni annesse, rischiano la fuoriuscita e la dispersione di sostanze che possono gravemente alterare l’ambiente marino e il suo habitat, sia vegetale che animale. Greenpeace Italia sostiene che le fonti così ricavate (gas e petrolio) non risolvono il problema energetico del paese e che il petrolio non rappresenta la nostra ricchezza.
“Questo paese”, continua Bifulco, “potrebbe slegarsi dal ricatto delle fonti energetiche fossili e iniziare un processo virtuoso che lo porterebbe ad avere nel giro di 30 anni tutta l’energia di cui ha bisogno attingendo a fonti pulite.”
“Qual’è il grado di conoscenza dei cittadini di Napoli a riguardo. La gente sa di questo referendum? lo chiedo a te, che ti occupi del contatto diretto“, gli abbiamo chiesto.
“Beh, il livello di conoscenza è medio: ossia, i cittadini che conoscono la problematica sono informati sul referendum, anche molto bene. Ma purtroppo la maggioranza non è cosciente ancora di tutto quello che sta accadendo“, ha risposto.
Del resto, quando di certi temi non se ne parla, perfino i diretti interessati non ne hanno consapevolezza. Più volte, infatti, abbiamo sollevato le problematiche relative alle trivellazioni nell’area flegrea, per quanto riguarda la nostra regione e ai rischi che possono comportare poiché si tratta di una zona delicatamente sismica: 3 milioni di persone a rischio e pure gli allarmismi mediatici sono sempre rivolti ad altro. Un vulcano che rischia l’esplosione…..silenziosa.